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Pubblicato il Gennaio 7th, 2019 | by Antonio De Sarno

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Zamboni/Baraldi/Roversi – Sonata a Kreuzberg (2018)

Tracklist
1. Unterwegs
2. Alabama song
3. Ein dunkel Herr
4. Der Räuber und der Prinz
5. In the garden
6. Afraid
7. Paul ist tot
8. Bette Davis Eyes
9. Hundsgemein
10. Kebab Träume
11. Berlin
12. Superfly
13. Allarme
14. La città imperiale

Etichetta Contempo/CD

Durata 47’57”

Personell Cristiano Roversi (keyboards) ● Massimo Zamboni (vocals, bass) ● Angela Baraldi (vocals)

Una macchina del tempo che si inceppa per una strana avaria e si ferma davanti alla bizzarra visione di un elefante rosa sotto il muro di Berlino nel 1981. Questa è la premessa di questo stranissimo lavoro del trio Zamboni/Baraldi/Roversi, un’anomalia spesso struggente, che cerca di far rivivere un’epoca totalmente inghiottita dalla storia.

Evidentemente l’esperienza berlinese continua a essere ispiratrice per il reduce Massimo Zamboni (cccp/csi) che ne aveva già parlato in Il Mio Primo Dopoguerra (Mondadori 2005). In questa occasione però ha voluto sintetizzare il recente spettacolo omonimo di cui il disco rappresenta la colonna sonora, comprese le quattro composizioni inedite (due di Zamboni e due di Roversi), quasi a contorno delle cover che tentano di rievocare la Berlino di quegli anni: Der Rauber un der Prinz e Kebab Traume dei D.A.F., In The Garden degli Einstürzende Neubauten, Paul ist tot dei Fehlfarben, Hundsgemein degli Ideal, Afraid di Nico, Berlin di Lou Reed e la celebre Alabama Song di Kurt Weill e Bertolt Brecht, con una Angela Baraldi che si misura senza problemi (e con gran classe e carattere) con i fantasmi di Bowie (curiosamente assente) e Jim Morrison, e la sorpresa, neanche così sgradita, tutto sommato, del tormentone di quell’anno, Bette Davis Eyes di Kim Carnes.

Il booklet racconta tutto quello che non vorrei anticipare a questo punto. Per chi volesse approfondire, la lettura di Nessuna Voce Dentro (Einaudi 2017), il libro che ha fatto scaturire il tutto, completa la full immersion in quella lontana estate berlinese a cavallo tra due decenni che si scopriranno presto molto, troppo, diversi. Musica come archeologia emotiva ad opera dei nostri viaggiatori. Inutile dire che il prog-meister Cristiano Roversi (Moongarden, Submarine Silence…), novello Conny Plank emiliano, ricopre un ruolo importantissimo nel progetto, creando un’ architettura sonora ai confini della terra di nessuno della Guerra Fredda che oggi, a distanza di decenni, accende tanta calda nostalgia.

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