Audio

Pubblicato il Marzo 14th, 2017 | by Lorenzo Barbagli

0

White Willow – Future Hopes (2017)

Tracklist

1. Future Hopes
2. Silver And Gold
3. In Dim Days
4. Where There Was Sea There Is Abyss
5. A Scarred View
6. Animal Magnetism (CD/digital bonus track)
7. Damnation Valley (CD/digital bonus track)

Etichetta Laser’s Edge/CD

Durata 50’28”

Personell

Venke Knutson (vocals) ● Jacob Holm-Lupo (guitars, keyboards, synthesizers, backing vocals) ● Lars Fredrik Frøislie (keyboards, synthesizers) ● Ketil Vestrum Einarsen (wind controller, flute) ● Ellen Andrea Wang (bass) ● Mattias Olsson (drums, e-bow) with: ● Hedvig Mollestad (guitar) ● Ole Øvstedal (guitar) ● David Krakauer (clarinet) ● Kjersti Løken (trumpet)

Associazioni piuttosto inusuali emergono dal nuovo album dei White Willow, che si presenta esteriormente con una riconoscibilissima cover a cura di Roger Dean: potrebbe essere un’indicazione che nulla è cambiato nel loro mondo bucolico e crepuscolare, invece FUTURE HOPES è il lavoro che esteticamente più si allontana dagli schemi progressivi a cui ci ha abituato la band. Riguardo la line-up, al contrario, le cose sono quasi invariate dai tempi di TERMINAL TWILIGHT, tranne il non trascurabile dettaglio della presenza della nuova cantante Venke Knutson, artista pop molto conosciuta in Norvegia che aveva già collaborato con Jacob Holm-Lupo nel secondo album dei The Opium Cartel. Per inquadrare a dovere il nuovo corso intrapreso dai White Willow è necessaria una digressione estranea al prog rock e riferita al risveglio, da un paio di anni a questa parte, di un certo interesse nel revival dell’estetica anni ’80 culminata con il grande successo della serie TV Stranger Things e legato, musicalmente, a certe riscoperte verso lo stile iconico e sonoro dell’epoca, come le soundtrack di John Carpenter e le variazioni più estreme attuate dal genere chiptune. Tutto questo  ha contribuito a far germogliare un ritorno della synthwave, con relativo successo di band come Knower e Gunship e Holm-Lupo, da buon cultore di quell’epoca, non si è fatto sfuggire l’occasione per ripensare al sound dei White Willow in tale chiave. Rimangono quindi le atmosfere sinfoniche e malinconiche che caratterizzano la produzione del gruppo, ma FUTURE HOPES suona anche un po’ sospeso tra le sonorità synthwave dei gruppi citati e il periodo FIRE OF UNKNOWN ORIGIN dei Blue Öyster Cult. Pensando a tali connotati, viene da gridare quasi al miracolo per il corto circuito anomalo ed eterogeneo che si viene a creare. Anzitutto nella suite A Scarred View: diciotto minuti con brevi cenni ad arie pop contrapposte a passaggi strumentali, che volano su lunghe e lugubri note di sintetizzatore, ora ricordando Vangelis e un attimo dopo i Genesis. In Dim Days è ulteriormente esplicativa nel tradurre i contrasti con il differente uso dei sintetizzatori: da una parte Frøislie con il suo gusto vintage per il prog rock anni ‘70, dall’altra Holm-Lupo con sequenze futuristiche e patinate. La title-track è quasi una fanfara marziale immersa di nuovo nei synth, che si piegano come onde sopra il suono compresso della chitarra, mentre l’arpeggio acustico della delicata Silver and Gold rimane l’unica concessione ai White Willow del passato. La peculiarità di FUTURE HOPES è anche quella di fornire una meditazione su una strada alternativa che avrebbe potuto imboccare il progressive rock degli anni ’80. Non siamo di fronte a un album neo-prog e neanche alla conversione new wave dei Rush, ma ad un singolare prog “synth-fonico”.

Tags: ,


Articolo a cura di



Lascia un commento