Pubblicato il Settembre 6th, 2016 | by Paolo Formichetti
0Ubi Maior – Incanti Bio Meccanici (2015)
1. Teodora
2. Alchemico Fiammingo
3. I Cancelli del tempo
4. Lo Specchio di Mogano
Etichetta AMS Records
Durata 61’31”
Mario Moi (vocals, violin, Trumpet) ● Walter Gualtiero Gorreri (bass) ● Marcella Arganese (guitar) ● Gabriele Dario Manzini (keyboards) ● Alessandro Di Caprio (drums)
Non li ascolterete alla radio, ma questi Ubi Maior meriterebbero una notorietà che non fosse limitata al solo ambito degli appassionati. Ma andiamo con ordine: il cd si presenta racchiuso in una confezione digipack veramente molto bella e curata, come da tempo ci hanno abituato le produzioni targate AMS. La band è guidata dal tastierista Gabriele Manzini, principale autore delle musiche nonché autore di lavori solisti a nome Archangel (e per un paio di album in forze ai The Watch). A livello di formazione va sottolineato l’esordio discografico di Marcella Arganese, valida chitarrista appartenente al gentil sesso, sorta di mosca bianca in un panorama musicale dominato da uomini e in cui le rare donne sono per lo più relegate dietro il microfono. Il disco inizia alla grande con la suite Teodora: venti minuti di piacevolissimo rock sinfonico, moderno nei suoni e caratterizzato da belle e orecchiabili melodie vocali. Il brano si snoda in una varietà di situazioni musicali, tra parti dolci ed altre un po’ più dure (ma mai sfocianti nel metal) sempre sapientemente arrangiate, con raffinati innesti di violino e un testo non banale. I rimanenti tre brani, tutti di durata piuttosto cospicua, si mostrano degni successori di un simile incipit e ne seguono lo stile variegato, con le tastiere di Manzini (Hammond, Mellotron, Moog) sempre in evidenza a dialogare con la chitarra hackettiana della Arganese e a sostenere il bel timbro vocale di Mario Moi. Difficile dire a chi possano somigliare gli Ubi Maior, dato che la band fa proprie e rielabora le lezioni dei grandi del passato senza per questo poter essere accostata sfacciatamente a nessuno. Tanto per fare un esempio, se percepire l’antico spettro del jester è facile nella prima parte de I cancelli del tempo, forse non così immediato può essere l’eco degli After Crying che si percepisce in quella tromba di sottofondo che impreziosisce il finale strumentale de Lo specchio di mogano. In ogni caso, aldilà dei paragoni, va sottolineato come Incanti bio meccanici sia davvero un ottimo lavoro che si spera possa consentire agli Ubi Maior di calcare quanto prima i palchi di qualche prog festival in giro per il mondo.