Pubblicato il Settembre 5th, 2016 | by Lorenzo Barbagli
0The Knells – The Knells (2013)
1. Airlift
2. Thread
3. Fray
4. Dying in Waves
5. Distance
6. Syncromesh
7. Seethe
8. Dissolve
9. Spiral Proem
10. Spiral Knells
Etichetta New Amsterdam Records /CD
Durata 58’53”
Nina Berman (vocals) ● Charlotte Mundy (vocals) ● Kate Maroney (vocals) ● Andrew McKenna Lee (guitar) ● Paul Orbell (guitar) ● Jude Traxler (percussion) ● Michael McCurdy (drums and percussion) ● Joseph Higgins (bass) ● the MIVOS String Quartet
Dopo anni e anni di Rock In Opposition e avant-prog, generi musicali sempre tesi a tracciare nuove vie per elevare il rock verso la musica colta, il debutto del chitarrista e compositore Andrew McKenna Lee – con il suo gruppo The Knells – è quanto di più perfetto si possa chiedere a queste aspirazioni. The Knells è infatti un album dalle caratteristiche estremamente originali e, forse, l’esempio più riuscito di simbiosi tra rock e musica classica. L’impostazione della line-up farebbe pensare a dei novelli Hatfield and the North, dove però sono le chitarre a farla da padrone e non le tastiere. Anche perché l’ensemble dei The Knells non prevede alcun tastierista. Qualche volta, viste le soluzioni melodiche e timbriche, sembra effettivamente di stare tra le parti di Canterbury, ma sarebbe troppo limitativo ricondurre il tutto a quegli ambienti. In un mare di musiche già sentite, The Knells è un’opera che sa stupire, un concept album liricamente filosofico e musicalmente intellettuale, che applica la psichedelia dei Djam Karet al minimalismo di Steve Reich. Quello che fa la differenza è il retaggio da chitarrista classico di Lee che ha cercato di mutuare le sue varie esperienze verso i canoni del rock. Il suo solismo, lirico e ricercato, si può ricondurre alle sperimentazioni di Fred Frith, ai loop sonici di Gary Lucas e ai madrigali elettrici di Steve Howe, sapendo essere melodico e atonale senza mai risultare banale. Su The Knells troviamo una musica fuori dal tempo alla quale però calza perfettamente la definizione di avant-garde progressive. E’ l’originalità il motore che muove all’ascolto di brani mozzafiato come Airlift o Spiral Knells, riuscendo a scuotere la nostra curiosità per scoprire come si svilupperanno. Il crescendo di Distance crea un muro sonico esaltante, lavorando su dinamiche impeccabili tra archi e melismi vocali. La perizia dei contrappunti delle tre cantanti ricorda l’effetto sognante e ipnotico delle Northettes, ma la Berman, la Gregory e la Powder spingono di più su tratti prettamente operistici. All’interno dell’album, nella sua omogeneità sonora riccamente orchestrata, si possono rintracciare molteplici stilemi: dalla musica da camera al jazz, dal progressive rock dei King Crimson al lied medioevale. Un capolavoro.