Pubblicato il Settembre 9th, 2016 | by Roberto Paravani
0Starcastle – Song Of Times (2007)
1. Red Season
2. Babylon
3. Song of Times
4. Islands
5. Faces of Change
6. Love Is The Only Place
7. Master Machine
8. All For The Thunder
9. Children Believe
10. Babylon (edited)
Etichetta Progrock Records/CD
Durata 57’18”
Gary Strater (electric & acoustic bass and bass pedals background vocals, keyboards) ● Matt Stewart (sustainiac, electric sitar, acoustic and electric guitars, background vocals) ● Bruce Botts (guitar, background vocals) ● Steve Tassler (drums, percussion, synthesizers, vocals) ● Al Lewis (lead vocals, background vocals, drums and percussion, memory moog) ● Herb Schildt (keyboards) ● John O’Hara (keyboards) ● Neal Robinson (keyboards) ● Steve Hagler (guitar, background vocals) ● Terry Luttrell (lead vocals, background vocals) ● Mark McGee (guitar) ● Jeff Koehnke (drums) ● Scott McKenzie (drums)
La piccola storia degli Starcastle è una vicenda tutta stelle e strisce ambientata negli anni ‘70. In quel periodo negli USA il rock sinfonico è un fenomeno decisamente circoscritto. Ci sono decine di gruppi che seguono l’ispirazione dei maestri inglesi, ma tutti vivono ai margini del grande mercato. Il debutto discografico degli Starcastle avviene nel 1976 con una formazione a sei che rimarrà invariata per tutti e quattro gli album prodotti: Terry Luttrell alla voce, Gary Strater al basso, Matt Stewart e Steve Hagler alle chitarre, Herb Schildt alle tastiere e Steve Tasler alla batteria. I primi tre album contengono il meglio della loro produzione: suoni pomposi e melodie semplici ma incalzanti, musica che ricorda sin nei minimi dettagli quella degli Yes di cui riproducono fedelmente suoni e movenze, rimanendo tuttavia a miglia di distanza per ciò che concerne la qualità delle idee proposte. La band, sotto contratto con la potente Epic, riesce a sopravvivere con alterne fortune. Poi nel 1978, con Real to Reel, tenta l’approccio al grande pubblico con canzoni più brevi, suoni più robusti e melodie più ammiccanti. Nulla da fare: il gruppo non sfonda neanche nel giro dell’AOR e si scioglie. Segue un lungo silenzio interrotto solo dalla pubblicazione di qualche fondo di magazzino. Alla fine del 2006 la notizia dell’uscita di questo Song of Times, operazione che ha avuto una gestazione particolarmente complessa, voluta e condotta da Gary Starter, durata parecchi anni e che ha dato luogo a qualche attrito tra i sei membri originali, probabilmente divisi nelle scelte da effettuare. Purtroppo, nel corso della lunga lavorazione, un tumore ha colpito Strater e lo ha portato al decesso nel 2004. Nell’album suonano tutti e sei i membri originari ma non suonano in tutte le canzoni; ritroviamo però tutte le caratteristiche che hanno reso famoso il gruppo; melodie semplici ed immediate, tombri maestosi, arrangiamenti sinfonici, il basso tagliente alla Chris Squire, voci alla Anderson, cori in quantità industriale, mentre i suoni sono un pochino più moderni. E ci sono molte buone intuizioni che si alternano a qualche ingenuità alla Starcastle vecchia maniera e a qualche riff già sentito. Un lavoro comunque gradevole, divertente, leggero e avvolgente in cui spicca la struggente title-track e che credo non sia azzardato indicare come il migliore della loro discografia.