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Pubblicato il Settembre 6th, 2016 | by Paolo Carnelli

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Slick/Machera – Fourth Dementia (2014)

Tracklist
1. green
2. esteem
3. ci provo
4. feck you op
5. infinity x1
6. overcome
7. krush
8. 1986

Etichetta Self Production/CD

Durata 37’46”

Personell
Julie Slick (Lakland bass VI and Bob Glaub Precision, drum programming, effects by Eventide, Pigtronix, and Roland) ● Marco Machera (bass, prepared bass, fretless bass, vocals on Ci Provo) ● Eric Slick (drums on tracks 1, 4, 5, 7) ● Pat Mastelotto (drums on esteem) ● Sarah Flossy Anderson (synth on overcome, violin and viola on krush)

Ancora un incontro di bassi: dopo quello che ha visto protagonisti Lorenzo Feliciati e Colin Edwin nell’ottimo Twinscapes, ecco ora il frutto dell’inedito sodalizio costituito da Marco Machera e Julie Slick, esuberante bassista statunitense già apprezzata nel nostro paese con l’Adrian Belew Power Trio e il Crimson ProjeKct. Se le premesse sono le stesse, ovvero il desiderio di lavorare con profitto sull’incrocio di corde, va detto subito che tra il progetto targato Feliciati/Edwin e quello di Marco e Julie esistono alcune differenze sostanziali: la più importante sta nel fatto che nella palette sonora presente in questo Fourth Dementia non c’è praticamente spazio per altri strumenti all’infuori di quello di stretta competenza dei due musicisti, e che quindi nei credits, oltre a vari tipi di bassi più o meno filtrati e preparati, troviamo solo le ritmiche (a cura dell’onnipresente Pat Mastelotto e di un fenomenale Eric Slick) e gli archi di Sarah Flossy Anderson. Questo non significa necessariamente che il risultato sia un album grezzo o scarno, ma semplicemente che la cifra complessiva delle otto tracce è in questo caso decisamente più vicina a un’estetica post rock piuttosto che a una dimensione levigata e avvolgente. Del resto molto del contenuto è stato sviluppato in sede di improvvisazione live, sfruttando l’ormai diffusa tecnica fondata sulla auto-registrazione di parti musicali e sulla messa in loop delle stesse, con successive sovraincisioni in tempo reale, e quindi l’evidente stratificazione in layer dei pezzi è stata fin dall’inizio adottata dai due musicisti come vero e proprio metodo di ricerca e di scrittura. A “scaldare” il tutto ecco però il “fattore M”, ovvero la grande sensibilità musicale di Marco Machera, già ampiamente evidenziata nei suoi due splendidi album solisti: è lui infatti a donare alle composizioni quelle sfumature crepuscolari e malinconiche, dal sapore agrodolce (vedi la lentissima ed enigmatica Overcome, vero capolavoro del disco) che permettono all’album di scalare posizioni nelle nostre playlist e di reggere alla prova degli ascolti ripetuti, con qualche brivido: Esteem sembra proprio un outtake da It’s All Around You dei Tortoise, mentre Krush con il suo stentoreo contrappunto di violini è un incrocio tra My Sharona e Highly Strung degli ultimi Van der Graaf Generator. E i King Crimson? Tranquilli, lo spettro del Re Cremisi si aggira voglioso nella furia percussiva di Feck You Op e negli intrecci vorticosi della conclusiva 1986.

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