Pubblicato il Settembre 8th, 2016 | by Paolo Formichetti
0Retrospective – Lost In Perception (2012)
1. The End Of The Winter Lethargy 5:30
2. Huge Black Hole 3:58
3. Egoist 5:32
4. Lunch 6:34
5. Our Story Is Beginning Now 3:58
6. Tomorrow Will Change 6:19
7. Musical Land 4:23
8. Ocean Of A Little Thoughts 3:45
9. Swallow The Green Tone 10:34
Etichetta Progressive Promotion Records
Durata 50’33”
Jakub Roszak (vocals) ● Beata Łagoda (keyboards, backing vocals) ● Łukasz Marszałek (bass) ● Maciej Klimek (guitars) ● Robert Kusik (drums) ● Alan Szczepaniak (piano)
Molte sono le band polacche che gli appassionati di progressive considerano in qualche maniera “storiche” per il genere, basti pensare agli SBB, alfieri del progressive dell’est europa negli anni ’70, oppure, per quanto riguarda gli anni ‘90, ai Collage, validissimi epigoni dei Marillion. Di poco successivi, entusiasmarono non poco gli appassionati di prog i genesisiani Quidam, specie nella loro prima incarnazione con soave voce femminile, o i crimsoniani Lizard, il cui cantato in lingua madre ne accentuava le asprezze musicali mentre più di recente stanno avendo un discreto successo internazionale i Riverside che tuttavia si pongono in scia ai Dream Theater e più in generale al prog-metal. I Retrospective, in questo loro terzo lavoro, si collocano in una giusta via di mezzo tra new prog e metal, ricordando a più riprese gli americani Enchant, specie quelli del bellissimo album di esordio piuttosto che quelli scialbi dei lavori successivi. Nei nove brani che compongono Lost in perception, quasi tutti di durata medio-breve, i suoni sono moderni e gli arrangiamenti articolati senza esagerare in complessità, con le chitarre (elettriche e acustiche) che dialogano piacevolmente con le tastiere e si esibiscono in assoli melodici di buona fattura. Da segnalare la bella la voce del cantante, che ricorda veramente tanto quella di Eddie Vedder dei Pearl Jam, e che si fa particolarmente apprezzare nei momenti in cui duetta con quella della tastierista e cantante femminile (ad esempio nella delicata ballad Lunch). Tra i brani migliori del lotto spiccano sicuramente l’orientaleggiante Tomorrow will change, e la breve Musical land che sembrano entrambe outtakes da A blueprint of the world, mentre la canonica mini suite, la conclusiva Swallow the green tones, inizia in maniera tipicamente floydiana, ma poi torna nei ranghi dello stile suddetto per 10 minuti di discreto rock progressivo moderno.