Pubblicato il Settembre 2nd, 2016 | by Roberto Paravani
0Renaissance – DeLane Lea Studio 1973 (2015)
1. Can You Understand
2. Let It Grow
3. Sounds Of The Sea
4. Carpet Of The Sun
5. At The Harbour
6. Ashes Are Burning
7. Prologue
Etichetta Purple Pyramid Records/CD
Durata 51’15”
Annie Haslam (lead vocals) ● Jon Camp (bass, vocals) ● Terrence Sullivan (drums, percussion, vocals) ● John Tout (keyboards, vocals) ● Michael Dunford (acoustic guitars) ● Andy Powell (guitar on Ashes Are Burning) ● Al Stewart (vocals on Ashes Are Burning)
Nel corso del 1973, i Renaissance incidono Ashes Are Burning, primo disco che vede in azione la formazione “classica”, e anche il primo in cui il gruppo si avvale di un’orchestra. Per motivi economici, l’album non viene supportato da un vero e proprio tour e così il gruppo decide di promuovere la nuova uscita risuonandone tutti i brani in un uno studio di registrazione dinanzi a una piccola audience, verosimilmente composta da fan e giornalisti. La registrazione da soundboard è circolata per tutti questi anni come bootleg e ora viene pubblicata in via ufficiale da Purple Pyramid, anche se non sappiamo se con il consenso del gruppo o meno. La resa sonora è appena discreta e mostra qualche crepa qua e là. Inoltre i cinque non hanno a disposizione un’orchestra, e conseguentemente il suono risulta abbastanza scarno. Nella traccia che da il titolo al disco, però, compaiono un paio di ospiti che arricchiscono il tutto: un Al Stewart pre “era del gatto” ai cori e Andy Powell dei Wishbone Ash che, come avvenuto in studio di registrazione, sciorina un eccellente solo di chitarra elettrica, peraltro l’unico di tutto il concerto visto che Dunford suona solo l’acustica. Dopo aver riproposto i brani di Ashes Are Burning nell’esatta sequenza dell’edizione inglese, i nostri salutano il pubblico con Prologue, dal precedente omonimo album. Da un punto di vista puramente musicale, DeLane Lea Studio 1973 rappresenta un’importantissima testimonianza live della prima fase della carriera dei Renaissance e come tale va accettata. Anche se l’impatto sinfonico viene dolorosamente meno senza l’orchestra, le splendide melodie di Dunford resistono intatte in tutta la loro eleganza trovando (come sempre) degna esaltazione nella interpretazione di Annie Haslam, in assoluto una delle migliori voci del progressive rock inglese.