Pubblicato il Gennaio 4th, 2024 | by Paolo Formichetti
0Ray Alder – II (2023)
1. This Hollow Shell
2. My Oblivion
3. Hands of Time
4. Waiting for Some Sun
5. Silence the Enemy
6. Keep Wandering
7. Those Words I Bled
8. Passengers
9. Changes
Etichetta Inside Out
Durata XX’XX”
Ray Alder (vocals) ● Mike Abdow (guitars) ● Tony Hernando (guitars, bass) ● Craig Anderson (drums)
Ray Alder è il secondo cantante degli statunitensi Fates Warning ed è colui il cui arrivo nella band, nel lontano 1988, ne segnò il deciso cambio di stile: dal metal in stile Iron Maiden dei primi tre album a un metal-progressive di altissimo livello che è stato di ispirazione persino per i Dream Theater. Approfittando di una sorta di stand-by a tempo indeterminato dei Fates Warning, Alder, che negli anni aveva già ha partecipato a vari progetti paralleli (Engine, Redempition), ha intrapreso una carriera solista pubblicando nel 1999 WHAT THE WATERS WANT, da noi al tempo recensito.
Dopo i difficili anni della pandemia e con la situazione tornata fortunatamente alla normalità, Alder ha radunato gli stessi musicisti con cui aveva lavorato al disco d’esordio e ha iniziato a lavorare a questo follow up che, racchiuso in una copertina semplice ma efficace, vede la luce nel 2023. Dal punto di vista musicale non riscontrano particolari sorprese in quanto si tratta di nove brani di solido prog metal, un po’ più duri rispetto a quelli contenuti nel precedente album, suonati con perizia e interpretati alla grande da Alder, che nonostante l’età non più giovanissima mostra ancora un’ugola in piena salute, capace di essere aggressiva o suadente a seconda dei momenti. Lo spettro dei Fates Warning è ovviamente presente ed aleggia su tutte le composizioni, anche se il talento compositivo di Abdow non è certo quello di Jim Matheos. I brani scorrono pertanto piacevoli senza che nessuno di essi faccia gridare al capolavoro anche se sono comunque meritevoli di menzione Hands of Time, grazie a buone linee melodiche che ricordano i bei tempi passati e Waiting For Some Sun, caratterizzata da un’intro orientaleggiante con tanto di sitar. Il picco dell’album si raggiunge tuttavia con la conclusiva Changes, nella quale l’alternanza di momenti elettrici ed acustici e la versatilità vocale di Alder rimandano inevitabilmente ai migliori momenti del passato.