Pubblicato il Luglio 21st, 2017 | by Paolo Carnelli
0PIRATES (Emerson Lake & Palmer, 1977)
Il canto del cigno di ELP e di un’intera stagione musicale di cui il trio inglese ha incarnato tutto, nel bene e nel male. La composizione era stata originariamente concepita da Keith Emerson come colonna sonora per la trasposizione cinematografica del romanzo di Frederick Forsyth THE DOGS OF WAR (pellicola poi distribuita anche in Italia nel 1980 con il titolo I MASTINI DELLA GUERRA), incentrato sull’epopea di un gruppo di soldati mercenari assoldati da un imprenditore inglese per impossessarsi delle risorse minerarie di un ipotetico stato africano. Sfumata la connessione con il grande schermo, la mini suite finisce sul quinto album in studio del gruppo, WORKS VOL.1, dopo aver subito qualche sostanziale modifica: con il coinvolgimento di Greg Lake e del parolierie Peter Sinfield i mercenari si trasformano in pirati e si preparano a salpare a bordo del loro galeone alla ricerca di nuovi tesori e nuove avventure.
“Io e Greg – racconta Sinfield – ci chiudemmo per sei settimane in uno chalet in Svizzera, dove i ragazzi stavano registrando il loro nuovo album, dopo esserci procurati ogni testo sui pirati disponibile all’epoca. Fu una vera e propria full immersion. Più leggevo e mi documentavo e più i pirati mi apparivano come persone realmente disgustose e senza scrupoli… al tempo stesso, più cercavo di infondere nelle parole del brano queste loro caratteristiche e più le loro figure assumevano contorni macchiettistici, degni di un film di Walt Disney”.
Anche se in diversi punti sembra di ascoltare la colonna sonora di un musical piuttosto che una composizione classica, all’interno di Pirates è sempre viva la tensione di Keith Emerson verso la musica sinfonica, la voglia di cavalcare la marea orchestrale rivitalizzandola grazie all’incontro con gli strumenti propri del rock. Una “missione” (impossibile?) che spinse Emerson a invitare negli EMI Studios di Parigi addirittura il grande direttore d’orchestra, compositore e pianista Leonard Bernstein per fargli ascoltare il brano e ricevere un suo parere. Del singolare episodio esistono varie versioni: in un’intervista del 2012, Greg Lake racconta come, dopo aver ascoltato anche il Piano Concerto contenuto sempre nello stesso album, prima di lasciare lo studio Bernstein fece semplicemente riferimento alla folk art artist di New York Anna Mary Robertson Moses, meglio conosciuta come Grandma Moses. Autodidatta, Moses iniziò a dipingere all’età di 78 anni, diventando inaspettatamente il simbolo di una sensibilità americana semplice e rurale, in un certo senso primitiva ma proprio per questo carica di calore e di fascino.
Ancora oggi non è dato sapere se quello di Bernstein fosse un complimento o una sagace critica. Ma una cosa è certa: la produzione di ELP, seppure possa suonare ingenua paragonata a quella dei grandi compositori classici, ha conquistato negli anni milioni di ascoltatori; esattamente come i bozzetti naif di Grandma Moses.