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Pubblicato il Settembre 9th, 2016 | by Paolo Carnelli

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Pink Floyd – The Endless River (2014)

Tracklist
1.Things Left Unsaid…
2.It’s What We Do
3.Ebb and Flow
4.Sum
5.Skins
6.Unsung
7.Anisina
8.The Lost Art of Conversation
9.On Noodle Street
10.Night Light
11.Allons-y (1)
12.Autumn ’68
13.Allons-y (2)
14.Talkin’ Hawkin
15.Calling
16.Eyes to Pearls
17.Surfacing
18.Louder than Words

Etichetta Parlophone/CD

Durata 53’04”

Personell
David Gilmour (guitars, vocals, keyboards, piano, EMS VCS 3, bass guitar on tracks 2 & 7, voice samples ● Nick Mason (drums, percussions, voice samples) ● Richard Wright (Hammond organ, Farfisa organ, pipe organ, piano, Rhodes piano, keyboards synthesiser, vibraphone, voice samples). Special guests: Guy Pratt (bass guitar on tracks 9 & 14), Bob Ezrin (bass guitar on tracks 11,13,18, additional keyboards on track 1), Andy Jackson (bass guitar on tracks 5 & 16, effects on track 15),  Jon Carin (synthesisers on tracks 9,11,13, percussion loop on tracks 11,13), Damon Iddins (additional keyboards on tracks 4 & 12), Anthony Moore (keyboards on track 15), Gilad Atzmon (tenor saxophone and clarinet on track 7), Chantal Leverton (viola on track 18), Victoria Lyon (violin on track 18), Helen Nash (cello on track 18), Honor Watson (violin on track 18), Durga McBroom (backing vocals on tracks 14 & 17), Louise Marshal (backing vocals on track 18), Sarah Brown (backing vocals on track 18), Stephen Hawking (voice sample on track 14)

Molto probabilmente la reunion tanto agognata dai fan non ci sarà mai. Il barcarolo volante proseguirà a pagaiare sulle nuvole, perché nulla può fermare il naturale flusso degli eventi, né tanto meno il desiderio da parte delle case discografiche di continuare a monetizzare con il marchio Pink Floyd. Un desiderio comprensibile, se si pensa che The Endless River ha battuto ogni record di copie vendute in preordine nella storia di Amazon UK. Per questo motivo, “il fiume infinito” è in fin dei conti un disco da analizzare più dal punto di vista sociale e mediatico che artistico: perché nonostante il lavoro effettuato in studio negli ultimi due anni da Gilmour e Mason, le diciotto tracce contenute nell’album restano pur sempre degli spunti, dei semilavorati, dei frammenti tratti dalle session di registrazione dell’ultimo vero album dei Pink Floyd, The Division Bell. In realtà già nel 1994, quindi subito dopo la pubblicazione del disco, il tecnico del suono Andy Jackson aveva provato a organizzare in qualche modo le oltre venti ore di materiale residuo, dando vita a un collage di circa un’ora che però non aveva incontrato il favore della band. E’ stata la prematura scomparsa del tastierista Richard Wright nel 2008 a riportare in auge l’idea di pubblicare quelle registrazioni come una sorta di omaggio/tributo all’amico e compagno di avventura, e proprio per questo la scelta più logica sarebbe stata quella di utilizzare i vari demo come bonus tracks di qualche ristampa. Ma a un certo punto, più o meno nel 2012, deve essersi accesa una spia da qualche parte e qualcuno ha iniziato a pensare che tutto sommato, con un po’ di buona volontà, da quelle venti ore di musica si sarebbe potuto riuscire a tirare fuori un vero e proprio album dei Pink Floyd. Quello che maggiormente colpisce all’ascolto, comunque sostanzialmente gradevole, è la presenza decisamente consistente di rimandi alla produzione storica del gruppo: It’s What We Dosuona come una appendice di Shine on You Crazy Diamond, sia per le timbriche avvolgenti delle tastiere di Wright, che per l’incedere compassato della batteria di Mason, su cui si distende l’inconfondibile chitarra solista di Gilmour; Skins, invece, recupera le pulsioni percussive che appartengono ai Pink Floyd psichedelici di Ummagumma, mentre in Anisina fa capolino l’arpeggio di archi che ha caratterizzato Comfortably Numb. La chiusura è affidata a quello che a detta dei protagonisti era senza dubbio il pezzo più completo tra quelli rimasti fuori dalle session di The Division Bell, ovvero Louder Than Words: unico brano cantato dell’album, riprende sommessamente e malinconicamente le armonie che furono di The Final Cut, messe al servizio di una morbida ballad il cui testo suona come un tentativo estremo di ricucire proprio quell’ultimo strappo.

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