Pubblicato il Gennaio 22nd, 2018 | by Lorenzo Barbagli
0Perfect Beings – Vier (2018)
01. Guedra
– a) A New Pyramid
– b) The Blue Lake of Understanding
– c) Patience
– d) Enter the Center
02. The Golden Arc
– a) The Persimmon Tree
– b) Turn the World Off
– c) America
– d) For a Pound of Flesh
03. Vibrational
– a) The System and Beyond
– b) Mysteries, Not Answers
– c) Altars of the Gods
– d) Everywhere at Once
– e) Insomnia
04. Anunnaki
– a) Lord Wind
– b) Patterns of Light
– c) A Compromise
– d) Hissing the Wave of the Dragon
– e) Everything’s Falling Apart
Etichetta InsideOut/CD
Durata 72’09”
Ryan Hurtgen (Vocals, Piano) ● Johannes Luley (Guitars, Bass) ● Jesse Nason (Keyboards) ● Ben Levin (Drums & Percussion)
Pensate ad un album di progressive rock doppio (meglio se in versione LP) e suddividete ogni facciata in una lunga suite che ne occupa tutto lo spazio. Cosa vi viene in mente? Sì, la risposta è il famigerato TALES FROM TOPOGRAPHIC OCEANS degli Yes. Prima che possiate spaventarvi, però, bisogna specificare che la quattro suite che compongono VIER (che in tedesco significa appunto quattro) sono suddivise in sottotracce che ne rendono la fruizione meno ostica, ma comunque non alterano la magniloquenza del progetto.
Dopo due pregevoli album in studio, con il terzo i californiani Perfect Beings puntano apertamente a diventare i nuovi protagonisti della scena prog mondiale accanto a nomi consolidati come Big Big Train, Anathema e Steven Wilson, riuscendoci però molto meglio. In pratica con VIER i Perfect Beings realizzano un album prog in tutto e per tutto, ma che comunque riesce a suonare in modo fresco e coinvolgente senza scomodare le solite derivazioni anni ’70 ricamate con carta carbone. Come un disco doppio che si rispetti, contiene temi ricorrenti e rivisitati, ma soprattutto è una ricognizione di stili tra jazz, classica, elettronica avant-garde, metal e pop, ognuno utilizzato con parsimonia – in modo programmatico per ogni suite – così che non si possa circoscrivere il gruppo in uno di questi generi in particolare. Eppure non c’è ombra di dubbio che VIER possa essere catalogato all’interno del filone progressive rock sinfonico ultimamente stanco e avaro di novità. Ci sono naturalmente richiami ai Pink Floyd più patinati, bolsi sintetizzatori genesisiani, polifonie e chitarre alla Yes, ma tutto è rivestito in una chiave moderna dove il compositore principale Johannes Luley mette inequivocabilmente anche del suo.
I Perfect Beings non accettano più di restare all’angolo e chiedono a gran voce la vostra attenzione, in particolare quella di coloro che cercano nel nuovo progressive rock qualcosa che vada oltre i confini delle solite riproposizioni di genere. Tentare però di ricercare con dovizia ogni riferimento sonoro nei vari brani in questo caso è inutile oltre che fuori contesto, proprio perché è un’opera che non fa pesare tale aspetto sulla propria economia sonora. Probabilmente il modo migliore per approcciarsi a VIER è saperne il meno possibile al fine di scoprire tutte le sorprese e le svolte che riserva lungo l’ascolto, proprio come se fosse un thriller.