Pubblicato il Novembre 30th, 2020 | by Lino Carfagna
0Nick Drake: una straordinaria meteora
Nicholas Rodney “Nick” Drake, cantautore e chitarrista inglese, nasce nel 1948 a Yangon in Inghilterra e muore a Tanworth-in Arden nel 1974 a soli 26 anni. Le sue ceneri riposano insieme a quelle dei suoi genitori sotto una quercia del cimitero della piccola cittadina inglese, dietro la chiesa. L’epitaffio sulla tomba recita: “Now we rise and we are everywhere” [….] (e adesso sorgiamo e siamo ovunque), versi appartenuti al brano From the Morning, contenuto nel suo ultimo album PINK MOON del 1974, che insieme a FIVE LEAVES LEFT del 1969 e BRYTER LAYTER del 1970 costituisce la scarna ma intensa discografia di questo fragile ed eccezionale musicista. Drake non godrà in vita di alcun successo commerciale a causa della sua ritrosia a esibirsi dal vivo, ma anche per via di una profonda depressione che minerà la sua intera esistenza portandolo infine al suicidio per un’overdose di farmaci. Dotato di una straordinaria abilità nella pratica del finger-picking con accordature aperte – ma suonava anche pianoforte clarinetto e sassofono – è stato inflenzato da artisti della scena folk inglese e americana come Bob Dylan, Donovan, Van Morrison e Phil Ochs. I suoi testi sono autentiche poesie tradotte in musica, caratterizzati da un inevitabile fatalismo. Siamo vicini al romanticismo di John Keats ma anche alle liriche tenebrose di Charles Baudelaire o alle visioni apocalittiche di William Blake. A questa formazione contribuiscono gli anni passati all’Università di Cambridge dove studia letteratura inglese, che poi abbandona per firmare il suo primo contratto discografico e andare a vivere a Londra. Quella che segue è una piccola guida ragionata ai suoi tre album in studio e alle antologie successive.
FIVE LEAVES LEFT (Island, 1969) La copertina di questo primo album di Nick Drake lo ritrae accanto a una finestra mentre guarda fuori con un’espressione assorta e malinconica. L’esordio è assolutamente folgorante, evidenziando da subito la principale peculiarità di Drake: uno straordinario songwriting in cui viene manifestata e affermata con decisione la sua diversità nel sentire le cose. Il brano d’apertura, Time Has Told Me recita: “Il tempo mi ha detto che sei una scoperta rara, una cura travagliata per una mente travagliata […]”. Il resto è affidato ad atmosfere folk rarefatte, in cui domina un fingerpicking assolutamente cristallino ed archi che rendono le atmosfere incredibilmente avvolgenti conferendogli un che di epico. Il cantato è quasi sussurrato, mai urlato. In River Man, Drake si confessa con un immaginario uomo del fiume e dice: “Vado a trovare l’uomo del fiume e gli racconto tutto quello che posso sul divieto di essere libero” [….] con una chiara allusione a una serie di costrizioni alle quali lo obbliga la vita che conduce. Way To Blue è un’autentica gemma: “Non vuoi venire a dirmi se conosci la via per l’azzurro?” […..] Gli archi disegnano una melodia paragonabile forse agli arrangiamenti dei Beatles e il modo di suonare la chitarra di Drake raggiunge vette altissime. Un brano indimenticabile è anche Fruit Tree (che darà poi il titolo alla raccolta postuma del 1979) in cui Drake in modo terribilmente profetico parla della caducità della fama e della vita in generale: “La vita non è che un ricordo accaduto molto tempo fa, un teatro colmo di tristezza per uno spettacolo da tempo dimenticato”[….] . Siamo giunti alla fine di questa prima opera dell’artista inglese, che si chiude con una riflessione sulla nostalgia, Saturday Sun, in cui sulle note melanconiche di un pianoforte Nick canta: “Così la domenica ha preso il posto del sole del sabato e ha pianto per un giorno passato” […]. All’intero album partecipa Danny Thompson dei Fairport Convention, scoperti da quel Joe Boyd che produce l’album e può considerarsi una sorta di amico intimo (forse l’unico) e mentore di Drake per tutta la durata della sua carriera. A lui il musicista inglese dedica anche un brano che si intitola Hanging On a Star, non presente nella discografia ufficiale ma pubblicato nelle raccolte postume TIME OF NO REPLAY e MADE TO LOVE MAGIC in due differenti versioni.
BRYTER LAYTER (Island, 1970) Sempre con Boyd come produttore esce nel 1970 BRYTER LAYTER, album meno intimista e problematico del precedente, in cui Nick Drake arricchisce musicalmente il suo fingerstyle con basso e batteria e sembra avere un atteggiamento appena un po’ più positivo verso la realtà che lo circonda. Abbandonati i suoi studi universitari a Cambridge, si dedica completamente alla musica. Nella copertina Drake è seduto su una sedia dove pare abbracci la sua chitarra, in penombra, in una posizione anche un po’ goffa, come capita a tutte le persone quando sono molto alte. L’album si apre con una bellissimo strumentale, Introduction, per sola chitarra e archi, al quale segue Hazey Jane II in cui emerge la presenza di arrangiamenti più ricchi con fiati, basso e batteria. Il testo del brano non abbandona invece le solite tematiche: “E che accadrà la mattina, quando il mondo è così affollato che non riesci a guardare fuori dalla finestra, la mattina [… ]”. Il trasferimento a Londra forse paradossalmente nuoce al cantautore inglese, che conduce una vita estremamente solitaria con la sola compagnia di una chitarra e della fedele cannabis. Il brano che dà il titolo a tutto l’album è di nuovo uno strumentale con atmosfere folk, un bellissimo flauto e i soliti archi in sottofondo. Poi arriva Fly, sulla necessità e al tempo stesso l’impossibilità di volare perché schiacciati in qualche modo dal presente. Il brano si avvale della presenza di John Cale alla viola e alla celesta che lo impreziosisce notevolmente. Anche in Northern Sky c’è il contributo di John Cale che suona piano celesta e organo, ed è sostanzialmente una bellissima love song in cui Drake si ispira a uno dei suoi poeti preferiti, William Blake. L’album si chiude con Sunday, il terzo e ultimo strumentale di questo lavoro che segna una sorta di intermezzo, di pausa tra due capitoli, FIVE LEAVES LEFT e il successivo PINK MOON, rigorosamente acustici.
PINK MOON (Island, 1974) “L’ho visto scritto e l’ho visto dire, la luna rosa sta per arrivare e nessuno di voi sarà abbastanza forte, la luna rosa vi prenderà tutti [….]. Pink Moon, questo il brano che apre l’album omonimo del 1974 e anche l’ultimo in studio di Nick Drake. La copertina, realizzata da Michael Trevithick in stile surrealista è bellissima e solo apparentemente criptica, perché a saper leggere tra le righe è facile trovare in essa molti aspetti del mondo poetico di Drake, artista visionario sempre proteso verso i sogni che la realtà tende a uccidere. Le atmosfere tornano a essere quelle acustiche di FIVE LEAVES LEFT, disegnate dalla chitarra dell’artista inglese e interrotte solo dalle bellissime note sovraincise da un pianoforte. Il testo del brano è quasi un’amara profezia, simile a quella contenuta in Hard Rain di Bob Dylan, tra le sue fonti di ispirazione musicale. Altro brano sul quale vale la pena soffermarsi è Parasite, uno dei più lunghi del disco insieme a Things Behind the Sun, in cui Drake confessa di sentirsi un parassita nella città in cui vive, quella Londra squallida città metropolitana in cui avverte un forte senso di straniamento. Un brano che lascia presagire il crollo psichico ormai imminente e il conseguente suicidio. In PINK MOON è presente anche l’unico brano che assomiglia a una dedica d’amore per una presunta fidanzata, Sophia Ryde. Nel brano, Free Ride, sulle scarne note della sua chitarra acustica, Nick che sa di essere assai diverso dalle amicizie abituali della ragazza, le chiede di farle fare un giro, con evidenti allusioni sessuali. Sophia è anche l’unica destinataria di una lettera lasciata da Drake sul comodino della sua stanza da letto il 25 Novembre del ’74, giorno della sua morte. Della lettera non è stato mai divulgato il contenuto. PINK MOON si chiude con From the Morning, che è il brano dal quale non solo sono tratti i versi scelti dai genitori di Drake come epitaffio per la sua tomba, ma anche quello in cui l’artista sembra improvvisamente ritrovare un senso di serenità o quieta rassegnazione: “Allora guarda le cose da vedere, le infinite notti estive, va a giocare il gioco che hai imparato, dal mattino […..]” Parole dolcissime e terribilmente tristi. Saranno le ultime che ascolteremo da lui.
Solo un cenno alle numerose raccolte che si sono succedute nel corso degli anni e che segnano un risarcimento parziale di Drake per la sua arte. Oltre al già citato FRUIT TREE del 1979, cofanetto che alla discografia ufficiale unisce diversi brani inediti, vanno menzionate le compilation MADE TO LOVE MAGIC del 2004, TIME OF NO REPLAY del 1987 e FAMILY TREE del 2007. Infine, analogamente a FRUIT TREE di qualche anno prima, merita una citazione il cofanetto TUCK BOX del 2013, molto curato, che contiene ben cinque cd e tre poster che ritraggono in formato locandina le rispettive copertine.