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Pubblicato il Settembre 6th, 2016 | by Roberto Paravani

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Nektar – A Spoonful Of Time (2012)

Tracklist
1. Sirius
2. Spirit Of The Radio
3. Fly Like An Eagle
4. Wish You Were Here
5. For The Love Of Money
6. Can’t Find My Way Home
7. 2000 Light Years From Home
8. Riders On The Storm
9. Blinded By The Light
10. Out Of The Blue
11. Old Man
12. Dream Weaver
13. I’m Not In Love
14. Africa

Etichetta Purple Pyramid/CD

Durata 71’22”

Personell
Roye Albrighton (vocals, guitars) ● Ron Howden (drums) ● Klaus Henatsch (keyboards) ● Billy Sherwood (bass, vocals, guitars) ● Jurgen Engler (bass) ● Michael Pinella (keyboards on 1) ● Mark Kelly (keyboards on 2) ● Geoff Downes (keyboards on 3) ● Joel Vandroogenbroeck (keyboards, flute, sitar on 3, 13) ● Edgar Froese (keyboards on 4) ● Ian Paice (drums on 5) ● Nik Turner (sax on 5) ● Derek Sherinian (keyboards on 6) ● Mel Collins (flute, sax on 6) ● Steve Howe (guitars on 6) ● Simon House (violin on 7, 10) ● Billy Sheehan (bass on 8) ● Rod Argent (keyboards on 8) ● Ginger Baker (drums on 9) ● Joakim Svalberg (keyboards on 9) ● David Cross (violin on 11) ● Jerry Goodman (violin on 12) ● Rick Wakeman (keyboards on 13) ● Bobby Kimball (vocals on 14) ● Patrick Moraz
keyboards on 14)

I Nektar sono un gruppo inglese con base in Germania, attivo dalla fine degli anni ’60, che ha vissuto tutta la fase cruciale del rock progressivo senza mai lontanamente avvicinarsi al successo dei grandi gruppi dell’epoca, pur licenziando una manciata di discreti album in bilico tra prog sinfonico, space rock e psichedelia. Scioltisi agli albori degli ’80, sono tornati attivi agli inizi del nuovo millennio. Per lanciare la serie di ristampe del proprio catalogo, la band ha deciso di affidarsi all’ex chitarrista degli Yes Billy Sherwood e registrare un album di cover in cui coinvolgere una schiera di star del mondo dell’hard, dell’AOR e del progressive rock: per intenderci, gente che ha militato o milita in gruppi quali Yes, Toto, Deep Purple, King Crimson, High Tide, Marillion, Hawkwind, Cream, Kansas, con una età media abbondantemente oltre i sessanta. La scelta dei brani da coverizzare è abbastanza incomprensibile e in quanto tale restituisce qualche sorpresa; sono infatti stati scelti pezzi di gruppi prog come è logico, ma soprattutto rock, pop e persino r’n’b, successi straconosciuti e brani poco noti, tutti con almeno trenta anni di vita. Se la cosa vi ha incuriosito, sappiate che le versioni proposte sono tutte mediamente simili agli originali: più o meno gli stessi arrangiamenti, gli stessi ritmi, gli stessi suoni. Nessuno degli ospiti che abbia il potere o la capacità di vivere il pezzo, di farlo proprio. In più tutte le cover – ahimè – risultano inferiori all’originale, e questo di per se non sarebbe una catastrofe; il problema principale è la totale assenza di personalità con cui i Nostri affrontano il compito. E l’inevitabile confronto con gli originali diventa quindi impietoso. Per fare qualche esempio, risulta quasi irritante la mancanza di piglio con cui viene liquidata 2000 Light Years From Home, uno dei pezzi più acidi e geniali dei Rolling Stones, oppure la pochezza di fantasia con cui si è deciso di affidare Africa dei Toto alla voce di Bobby Kimball. Dell’album, che sarà presto dimenticato in qualche angolo oscuro delle nostre discoteche, rimane solo il piacere di avere riascoltato pezzi quasi dimenticati come Blinded By The Light di Bruce Springsteen (ma l’arrangiamento del pezzo è stato mutuato di sana pianta dalla versione che ne fece Manfred Mann) o la meravigliosa Out Of The Blue dei Roxy Music.

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