Pubblicato il Agosto 27th, 2020 | by Antonio De Sarno
0Massimo Giuntoli – Tender Buttons (2020)
1. A Box
2. Objects
3. Book
4. Eggs
5. Single Fish
6. Cake
7. A Carafe, that is a Blind Glass
8. A Mounted Umbrella
9. A Piano
10. A Red Hat
11. Vegetable
12. Orange 1
13. Orange 2
14. Oranges
15. Oranges In
16. Careless Water
17. Way Lay Vegetable
18. A Little Called Pauline
19. It Was Black, Black Took
Etichetta Molkaya Records/CD
Massimo Giuntoli (piano, vocals)
Stein/Lyrics – Giuntoli/Music
Il rapporto tra la poesia e i testi delle canzoni è una questione sempre aperta. Con tutte le dovute eccezioni più o meno famose (penso soprattutto al Nobel per la letteratura a Dylan) si può tranquillamente sostenere le due forme espressive come distinte, anche solo per il fatto che la poesia è inesorabilmente, almeno nella nostra testa, circondata dal silenzio e quindi può essere aperta a tante interpretazioni quanti sono i lettori.
Ecco, l’operazione del musicista Massimo Giuntoli affronta la questione da un’angolazione piuttosto diversa. Non nuovo alla trasformazione in musica di poesia (suo il progetto sulla poesia della Beat Generation), Massimo cerca di cogliere la musicalità intrinseca delle parole, già più facile per la natura stessa della lingua inglese, e filtrarla attraverso la propria sensibilità musicale.
Partito con un solo brano, la sospensione dell’attività concertistica ha posto il nostro nella condizione di potersi davvero dedicare alla traslitterazione di un corpus più sostanziale, e il risultato è questo affascinante TENDER BUTTONS (OBJECT, FOOD, ROOMS), ovvero le “canzoni” dell’autrice modernista statunitense, Gertrude Stein, classe 1874. La raccolta risale al 1914, provocando al tempo controversie sia per la forma, un approccio cubista alla parola, che per lo scabroso (per l’epoca) contenuto LGBT, sottinteso già dal titolo. Affascinante e sintetico, la parola prende forma e, senza nessuna pretesa di lettura definitiva, assume le sembianze di musica totale, un universo tascabile creato da melodia (voce), armonia (il pianoforte) e significato (la poesia).
Disarmante nella sua semplicità, il disco occupa, senza prevaricare o invadere, gli spazi lasciati liberi dall’assenza di parole, regalando all’ascoltatore attento l’impressione di aver ascoltato davvero qualcosa di nuovo e inedito. La cadenza assume un ruolo fondamentale per apprezzare il gioco di incastri e ripetizioni/non ripetizioni dell’autrice che, dietro a delle apparenti descrizioni di oggetti quotidiani, tenta di svelare la vera anima degli oggetti descritti, da Oranges a Single Fish. Anzi, l’ulteriore decontestualizzazione data dalla nuova concretezza sonora aggiunge un ulteriore senso al testo, già piuttosto ermetico. A Little called Pauline, il testo più lungo, di conseguenza diventa la canzone più complessa della raccolta.
Il disco è dedicato a Luca Nicolini, da poco scomparso, creatore e direttore artistico del Festival della letteratura di Mantova.