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Pubblicato il Maggio 13th, 2019 | by DDG

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MARIO LAVEZZI – Filobus (1978)

Tracklist

Lato A
1. Io amo te
2. La valigia a rotelle
3. Amico giorno
4. Viva
5. Mi sento macchina

Lato B
1. Kitti
2. Un pagliaccio in più
3. Malinconia
4. Ricominciare
5. Filobus


Personell
Mario Lavezzi (vocals, guitar) ● Vince Tempera (production, piano) ● Julius Farmer (bass) ● Stefano Pulga (synth, piano) ● Gianni Dall’Aglio (drums) ● Mauro Pagani (violin) ● Maurizio Preti (percussion) ● Loredana Bertè, Mia Martini (backing vocals) ● Ares Tavolazzi, Giulio Capiozzo (other) ● Oscar Avogadro, Daniele Pace (lyrics)


E intanto il tempo se ne va,
e il domani non è malinconia.
Sul letto ti distendi,
e insieme a me ti arrendi:
e il domani
non cambia per magia…
(Malinconia)

Per convincere l’ormai quasi trentenne Mario Lavezzi a lasciare la Numero Uno degli amici Mogol e Lucio Battisti, la CGD propone all’artista un contratto che prevede finalmente l’avvio di una carriera solista, dopo dieci anni trascorsi dietro le quinte a scrivere, o alla guida di gruppi pop (i Camaleonti, lasciati nel 1968 a causa del servizio militare) e prog (Flora Fauna e Cemento,  e il supergruppo Il Volo): il pur timido successo del singolo tratto dall’ottimo esordio IAIA (1976) convince lui e la casa discografica a insistere col suo cantautorato rock vagamente progressive, in una ricerca vicina a quella dei concittadini Eugenio FinardiWalter Foini,

Già per il suo esordio, il musicista milanese aveva lavorato con la coppia di parolieri Daniele Pace e Oscar Avogadro, affiancando nella scaletta ballate malinconiche (la intensa Indocina, o la più sognante Iaia) e strappi prog (scherzosi come C’è chi si fida o duri come Serenade): FILOBUS riprende il discorso con lo stesso team di autori e musicisti, confortato anche dal successo ottenuto dal team nel lanciare la carriera della fiamma di Lavezzi, Loredana Bertè (e nel suo NORMALE O SUPER prodotto da Lavezzi nel 1976, sono presenti anche alcuni brani di IAIA).

La storia d’amore con Loredana Bertè, bella quanto dolorosa, mi è servita per capire che non bisogna mai confondere la sfera privata con quella professionale.
(Intervista, 2017)

Dieci canzoni, meno di trentasei minuti ispiratissimi che restano una vetta nella impressionante carriera di Lavezzi, che si riappropria anche di alcuni brani incisi dalla Bertè. FILOBUS vive coerentemente dell’intreccio delle radici prog con le prospettive pop: nelle linee melodiche e nei riusciti versi di Avogadro e Pace prevale un tono sommesso e minore (la sconfitta di Amico giorno Malinconia, il cinismo di Filobus), le ballate che diventano quadretti affettuosi (la giga del singolo Io amo te col riff di violino di Mauro Pagani) o più spesso amari (il ritratto di Kitti, la cupezza straniata di Mi sento macchina), con i passaggi più spiritosi ed energetici messi ai margini della scaletta (le vocette all’elio di La valigia a rotelle, la satira sociale – un po’ datata – di Viva, e quella più aggressiva di Un pagliaccio in più). È però nell’energia positiva di uno dei brani già incisi dalla Bertè, Ricominciare, che traspare più chiaramente lo spirito del progetto: tre minuti di rock ironico giocati tra compressioni ritmiche e aperture pianistiche, dove la linea del cantato si modifica nel passare tra le strofe, i tempi cambiano da pari a dispari nel procedere del brano, i ritornelli ritornano lo stretto indispensabile, e i cori si modellano sulle linee di synth e wah-wah – un esercizio prog trascinante che, come la già citata Serenade, diventa canzone memorabile senza rinunciare agli spigoli

Io amo te
come un bambino,

ti dormirò vicino, 
se me lo chiederai.
Io amo te
naturalmente,

non cercherò un movente.
(Io amo te)

Composizioni e testi tuttora attuali, musicisti e arrangiamenti di livello altissimo (elementi da Il Volo e Crisalide a fornire le basi, le sorelle Bertè – Loredana e Mia Martini – ai cori, e addirittura un paio di Area nei ringraziamenti): un disco che merita di essere recuperato, anche se all’epoca non bastò a imporre Lavezzi come solista. Il successivo e più classico CARTOLINA (1979) chiuse di fatto questa fase della carriera del musicista: i  riscontri che le sue canzoni ottenevano nelle versioni di altri artisti lo spinsero a dare priorità al ruolo di produttore e autore per il quale è tuttora celebrato, riducendo progressivamente al minimo le sortite a proprio nome.



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