Pubblicato il Agosto 31st, 2016 | by Vincenzo Giorgio
0Magic Bus – Magic Bus (2010)
1. City of Sand
2. Magic Bus
3. Gods of the Mountain
4. Tucan Pyramid
5. Holy Road
6. Milky Way
7. Back to the Garden
Etichetta Self Production/CD
Durata 47’42”
Paul Evans (vocals, guitar) ● Jay Darlington (keyboards) ● Terence Waldstradt (guitar, backing vocals) ● Rowan Day (flute, backing vocals) ● Benny Brooke (bass, backing vocals) ● Dan Truen (drums and percussions)
Che la storica semina canterburyana stesse producendo un copioso raccolto è cosa nota e, in questo senso, il fatto che nel giardino di Inghilterra esista un gruppo deliziosamente “vintage” che – con indomito cipiglio – si collochi nella scia del lato più “rosa” della città che ispirò Geoffrey Chaucer, non è di per sé una notizia sconvolgente. Tuttavia sempre di un piccolo “evento” si tratta, tale che non può non scaldare il cuore ai più nostalgici ma anche accendere rinnovato interesse nelle nuove generazioni di ascoltatori. Il debutto dei Magic Bus risale addirittura al 2010, con un godibilissimo album omonimo: sette tracce che scorrono fresche e piacevoli fin dall’inaugurale City of Sand, sviluppata su toni più marcatamente rock e con la chitarra di Paul Evans in bella evidenza, seguita dalla traccia omonima, Magic Bus, ottimamente sostenuta dalla voce di Paul in perfetto bilico tra la profondità di Richard Sinclair e i toni alti di Pye Hastings, nonché inframmezzata da deliziosi coretti che fanno molto West Coast. Di grande impatto emotivo Gods of the Mountain, suadente ballad molto vicina a certe cose soliste del recente David Gilmour così come la trascinante Tucan Pyramid, dove i riferimenti tastieristici a Dave Sinclair dell’ottimo Jay Darlington risultano ancor più evidenti, assecondandone in modo efficace la struttura compositiva e rendendola così molto vicina all’indimenticabile Nine Feet Undeground; caratteristica, quest’ultima, che – con i suoi repentini cambiamenti ritmico-armonici prossimi al cuore della poetica prog – emerge anche in Milky Way. Con Holy Road fa invece capolino un’accattivante vena psichedelica che verrà ripresa nella conclusiva Back to the Garden, che sa tingersi di una suggestiva contiguità al folk deviato dei gallesi Gorky’s Zygotic Mynci (band anch’essa non molto lontana dalla quella sponda canterburyana marchiata Kevin Ayers). Insomma Magic Bus non è solo un promettente album di debutto ma soprattutto un giardino cosparso di tutti quei germi poetici che in Transmission from Sogmore’s Garden, cinque anni dopo, troveranno una loro più armonica collocazione e sintesi.