Isole

Pubblicato il Novembre 3rd, 2016 | by Paolo Carnelli

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Luca Scherani (La Coscienza di Zeno, Höstsonaten, Mr. Punch)

Musicista, pianista, tastierista e compositore genovese con due album da solista all’attivo (“Everyday’s life” del 2007 e “Everybody’s waiting” del 2011), Luca Scherani fa parte dal 2012 di una delle realtà più interessanti della nuova scena progressiva italiana, La Coscienza di Zeno. Parallelamente la sua attività musicale si dipana tra il progetto Höstsonaten con Fabio Zuffanti (suoi gli arrangiamenti orchestrali dello splendido “Symphony no.1: Cupid and Psyche” del 2016), i Periplo e i Mr.Punch, tributo ai Marillion era Fish con cui sta girando l’Europa… More info: www.lucascherani.it


JESUS CHRIST SUPERSTAR
 – AA.VV. (1970)
Premessa… Convivo con l’incessante bisogno di cambiare gusti e continuamente cerco cose nuove da ascoltare. Penso che sul lungo periodo, se dovessi restare con solo 10 album, impazzirei! Negli anni giovanili della mia (spesso tormentata) crescita musicale, devo dire che non è mai mancato l’incoraggiamento da parte della mia famiglia. Tuttavia non sempre le strade che esploravo battevano i sentieri sperati dai miei genitori, in particolare da mio papà! Ora probabilmente i punti di contatto nei nostri gusti musicali sarebbero molto più numerosi, ma negli anni della mia adolescenza Jesus Christ Superstar era uno dei pochissimi dischi che potevamo ascoltare insieme senza litigare! Mio papà era riuscito a farmi amare molto anche la VI sinfonia di Beethoven e “Il carnevale degli animali” di Saint-Saens, ma dovendo scegliere qualcosa che su un’isola deserta possa riportare alla mente questo legame, per me molto prezioso, scelgo questo Webber-Rice classicone straconosciutissimo in tutte le salse!

PRINCESS MONONOKE (Symphonic Suite) – Joe Hisaishi (1998)
Su un’isola deserta e con solo 10 dischi?? E dvd niente? Allora ci vuole anche qualcosa che mi riporti alla mente quanto mi abbiano fatto sognare i film di Hayao Miyazaki! “Nausicaa”? “La città incantata”? “Si alza il vento”? Uffa.. Scelta difficilissima! Vada per “Princess Mononoke”. Colonna sonora che strizza l’occhio all’orchestrazione e alla percezione tipicamente occidentale, pur restando così fortemente orientale.

LIVE IN PARIS AND TORONTO – Loreena McKennitt (1999)
Potendo salvare dal naufragio solo 10 album e ipotizzando di dover scegliere i miei compagni di una lunga solitudine, mi sembra furbo puntare sulla lunga durata. Quindi questo live doppio, che amo moltissimo, è la scelta che ritengo più idonea fra i gioielli di quella che chiamo “Loreena adorata”! In un’intervista le era stato chiesto quale fosse il suo genere di musica, viste le innumerevoli influenze e la variegata provenienza degli strumenti chiamati a raccolta… E lei molto candidamente spiegò che la sua era solo “world music”. Aggiungerei nel senso più vasto del termine! Qui poi c’è tutto: tecnica, classe, composizioni divertenti ed altre più intime. Citazioni letterarie e un intrinseco messaggio di pace e di speranza attraverso la musica e l’arte tutta.

OMMADAWN – Mike Oldfield (1975)
Non è questo il disco più bello del buon Mike Oldfield… A mio parere il migliore è Incantations! Questo lo metto al secondo posto. Ma caspita… Se vengo mio malgrado catapultato su un’isola deserta per chissà quanto tempo, non posso sopportare l’assenza di Ommadawn per più di un mese! Non saprei dire quante volte l’abbia ascoltato, o quante volte alla sera quando mia figlia era piccola e aveva paura del buio io le abbia detto “mettiamo un disco, ascoltiamo Ommadawn!”. Questo è un album dal quale mal sopporterei la lontananza. Ne ho parecchie edizioni: amando moltissimo questo lavoro, negli mi sono regalato più volte la gioia primordiale nascosta nell’acquistarlo come se fosse la prima. Fra le varie versioni, porterei sull’isola quella con la divertente On horseback sul finale del lato B… Lasciando quindi affondare quella con In dulci jubilo!

DA A AD A –  Morgan (2007)
Le sirene televisive e le soddisfazioni immediatamente tangibili sul conto in banca hanno messo fuori gioco prima del tempo un genio che sembrava saper sfornare solo capolavori senza mai sbagliare un colpo. Questo album è a mio parere il punto più alto mai raggiunto da questo controverso personaggio: un lavoro fortemente autobiografico, tormentato, caratterizzato da arrangiamenti e composizioni complicatissimi. I riferimenti riconoscibili sguazzano dai Beatles al surf rock, per viaggiare fino a Wagner e Frank Zappa. Basta ascoltare La verità e la title track per rendersi conto della levatura dell’album. Ascoltandolo appena uscito la goduria e la gioia erano tali da farmi pensare che per la discografia italiana “mainstream” ci fosse ancora speranza. Mi illudevo ovviamente… I vecchi nella stanza dei bottoni hanno scelto il sentiero più dolce e allettante per sbarazzarsi di questa imponente figura musicale.

SOFT SONGS – Gianni Nocenzi (1993)
Un lavoro incredibile, impreziosito da Sakamoto, Andrea Parodi, Sarah Jane Morris. Tastiere sognanti, alternate ai virtuosismi tipici di questo grande maestro, sapore a tratti mediterraneo e a tratti orientale. Parlavo della mia esigenza di cambiare spesso ascolti e influenze… Invece questo album potrebbe rappresentare una curiosa eccezione: penso che faticherei a stancarmi ascoltando Soft Songs anche più volte di seguito. In un ascolto cercherei di carpire i segreti del fraseggio di Gianni, in un altro presterei attenzione alla scelta dei suoni, poi passerei alla struttura delle composizioni. Impossibile a mio avviso arrivare ad un punto in cui si possa ritenere di non aver più nulla da imparare da questo album: quindi può essere di ottima compagnia sulla famigerata isola!

THE MYTHS AND LEGENDS OF KING ARTHUR AND THE KNIGHTS OF THE ROUND TABLE – Rick Wakeman (1975)
Epico, altisonante, ambizioso, album che unisce i miei maggiori interessi nell’ambito di questo mestiere: le tastiere analogiche e l’orchestrazione di estrazione classica. L’ho scoperto nei primi anni del liceo grazie a quel Gabriele Guidi Colombi che ho incontrato di nuovo negli ultimi anni, da quando sono entrato stabilmente ne La Coscienza di Zeno. Gabriele è stato uno dei miei primi e principali istruttori in fatto di esplorazione musicale, lui per primo mi fece conoscere (in un percorso iniziato addirittura alle scuole medie!) gli album che mi scossero nel profondo: oltre a questo, sicuramente Trilogy (ELP) e Selling England by the Pound (Genesis). Ma sull’isola c’è posto solo per dieci album.. E allora scelgo il buon vecchio Rick, perché voglio portare con me i synth appunto, l’orchestra, il coro… E allora gli altri due ahimè, dovranno restare sulla nave! Spero che qualche altro naufrago li scelga. E magari con un po’ di fortuna ci si incontrerà sullo stesso isolotto. Così, come accadeva in gioventù, ci potremmo scambiare cd incontrandoci a intervalli bisettimanali (l’intervallo dipende anche dalle dimensioni dell’isolotto!)

IL SOLE NELLA PIOGGIA – Alice (1989)
Che dolore poter salvare un solo album di Alice, in mezzo a tanti lavori sempre di altissimo livello! Penso a “Mezzogiorno sulle Alpi“, “Park Hotel“, “Exit“… E allora scelgo il primo che ho amato. Un giorno di molti anni fa, quando un certo numero di capelli ancora poteva giustificare una mia visita dal barbiere, rimasi colpito dalla forza di un ritornello alla radio che inneggiava a un sole e al suo fare capolino in una giornata uggiosa. Incontrai di nuovo questo refrain diversi anni dopo, incuriosito dall’entusiasmo del solito Gabriele Guidi Colombi verso qualcosa non necessariamente legato all’ambito prog. Sbirciando oltre quel ritornello si è aperto un mondo vastissimo, costruito con grande ispirazione da un cast internazionale di livello elevato (e talvolta dalla provenienza, quella sì, prog!). Un viaggio intenso e coinvolgente, che si sposta bazzicando quei luoghi nella corte degli “amici di Battiato” (Juri Camisasca, Francesco Messina…) e che si chiude con un duetto da forti emozioni, quella Now and Forever che Alice canta insieme a Peter Hammill.

LA LUNA – Angelo Branduardi (1975)
E i cantautori italiani dove li mettiamo??? Provo una ammirazione smisurata per Fabrizio De Andrè, Ivano Fossati, Franco Battiato, Eugenio Finardi, Lucio Dalla, Lucio Battisti e moltissimi altri emuli, epigoni, colleghi, vari, eventuali, ecc ecc… E anche qui sono costretto ad operare una dolorosa cernita! Ahimè. Ecco la mia scelta: il periodo 70/80 di Branduardi ha rappresentato secondo me una parabola produttiva ispirata da una qualche magia celeste, perché il riccioluto menestrello è riuscito ad entrare nel cuore di un pubblico clamorosamente trasversale: dai bambini affascinati dalle sue filastrocche fino ai palati più fini, catturati dalla particolarità degli arrangiamenti e dalla ricerca musicale che mescolava i sintetizzatori con sonorità ripescate dai secoli passati. Infatti per me è stato un piacere riscoprire in età più matura i canti che accompagnavano momenti spensierati della mia infanzia. Ovviamente la chiave di lettura di questa mia seconda ondata di ascolti è molto diversa dalla prima, ma mi riempie di tenerezza vedere come ora queste melodie compaiano nei giochi delle mie figlie. E quindi il ciclo si ripete: forse un giorno le mie bimbe apprezzeranno queste musiche vestendole di nuove impressioni. L’album che scelgo di portare con me è La luna, quello che fra gli album di quel periodo ho ascoltato di più. E quindi potrei soffrire di più sapendolo lontano. Eppure so già che sarei tormentato dal pensiero di non aver portato con me Il funerale (contenuta in Alla fiera dell’est) e Tema di Leonetta (la versione cantata del brano comparso in origine solo strumentale in State buoni se potete, contenuta questa in Canzoni d’amore).

FORSE LE LUCCIOLE NON SI AMANO PIU’ – Locanda delle Fate (1977)
Ormai c’è posto per un solo album… siamo già a nove! E poi il prog italiano?? Come si fa? Proprio quel genere di cui orgogliosamente, sebbene a qualche decennio di distanza dal periodo “d’oro”, sento di fare parte. Ho sempre sostenuto che gli album che amo di più in questo genere siano New Trolls Atomic System (sigla facente capo a una costola strana e apocrifa dei miei conterranei), e Aria di Alan Sorrenti. Il gruppo che più ho amato nel progressive italico sono i New Trolls, per via della “vicinanza geografica” e grazie a uno zio che me li ha fatti ascoltare ancora prima che io arrivassi a capire l’accezione “prog”. Ho amato quelli dei due Concerto Grosso e anche quelli simil-BeeGees. Aggiungo che ho sempre considerato imprescindibile, per poter parlare di “New Trolls”, la presenza di Vittorio De Scalzi. Artista che stimo infinitamente e che ascolterei per ore. Eppure (Vittorio mi perdoni…) sull’isola deserta, probabilmente potrebbe capitare anche di dover lenire qualche momento di tristezza. E allora, avendo lasciato sulla nave che affonda un meraviglioso capolavoro che spesso ha consolato i miei tormenti giovanili (Secrets of the Beehive di David Sylvian), scelgo la dolcezza senza confini che mi ha sempre regalato la lucciola fatina dei celebri locandieri. A questo titolo sono legati anche diversi ricordi per me molto importanti: primo fra tutti il mio esordio discografico nel dicembre 1997, quando un acerbo riarrangiamento di Profumo di colla bianca che registrai insieme al mio gruppo dell’epoca (i Trama, con al basso sempre quel Gabriele Guidi Colombi che tanto ha segnato la mia esperienza), venne incluso nel quadruplo cofanetto Zarathustra’s Revenge – a tribute to the italian progressive rock of the seventies pubblicato da Mellow Records. Una quindicina di anni dopo poi la Locanda delle Fate avrebbe diviso il palco con La Coscienza di Zeno, in una serata davvero indimenticabile.

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