Pubblicato il Ottobre 30th, 2017 | by Roberto Paravani
0Jeff Beck – Live At The Hollywood Bowl (2017)
1. The Revolution Will Be Televised (feat. Rosie Bones)
2. Over Under Sideways Down (feat. Jimmy Hall & Todd O’Keefe)
3. Heart Full Of Soul (feat. Jimmy Hall & Todd O’Keefe)
4. For Your Love (feat. Jimmy Hall & Todd O’Keefe)
5. Beck’s Bolero
6. Medley: Rice Pudding / Morning Dew (feat. Jimmy Hall)
7. Freeway Jam (feat. Jan Hammer)
8. You Never Know (feat. Jan Hammer)
9. Cause We’ve Ended As Lovers (feat. Jan Hammer)
10. Star Cycle (feat. Jan Hammer)
11. Blue Wind (feat. Jan Hammer)
12. Big Block
13. I’d Rather Go Blind (feat. Beth Hart & Jan Hammer)
14. Let Me Love You (feat. Buddy Guy)
15. Live In The Dark (feat. Rosie Bones)
16. Scared For The Children (feat. Rosie Bones)
17. Rough Boy (feat. Billy Gibbons)
18. Train Kept A-Rollin’ (feat. Steven Tyler)
19. Shapes Of Things (feat. Steven Tyler)
20. A Day In The Life
21. Purple Rain (feat. Jan Hammer, Beth Hart, Rosie Bones, Jimmy Hall & Steven Tyler)
Etichetta Eagle Vision/Blu-ray
Durata 97’08”
Jeff Beck (guitar) ● Rhonda Smith (bass guitar) ● Carmen Vandenberg (guitar) ● Jonathan Joseph (drums)
Nell’ agosto del 2016, l’allora settantaduenne Jeff Beck ha celebrato il mezzo secolo di carriera musicale con un concerto all’Hollywood Bowl di Los Angels. Nel corso della serata il chitarrista inglese ha suonato i brani più importanti di una carriera iniziata nel’65 negli Yardbirds dopo un periodo passato a farsi le ossa come session-man. E con lui sono saliti sul palco alcuni dei grandi musicisti con cui ha collaborato nel corso degli anni.
Si parte dalla fine, ossia con un pezzo da LOUD HAILER, il disco appena pubblicato, che vede alla voce Rosie Bones. Subito dopo però si salta indietro di cinquant’anni con alcuni vecchi classici degli Yardbirds cantati dal vecchio Jimmy Hall dei Wet Willie ed il supporto ai cori di Todd O’Keefe. Di lì ai pezzi del Jeff Beck Group il passo è breve: spicca ancora una volta Beck’s Bolero per la sua maestosità e per l’assenza dell’autore Jimmy Page amico e compagno di banda negli Yardbirds. La comparsa di una tastiera prelude l’arrivo di Jan Hammer, con cui il nostro ha spesso suonato in passato: i due vecchietti sono in gran forma e si scatenano in una sequenza di brani strumentali in cui il beat-rock dei primi pezzi cede il passo ad una fusion pirotecnica densa di grandi assolo sempre in bilico tra grande perizia tecnica e pura gigioneria, in cui paradossalmente chi fa la miglior figura è la giovane quanto imperiosa sezione ritmica chitarra-basso-batteria che supporterà in maniera eccellente il vecchio leader per tutta la durata del concerto.
Una pausa strumentale – Big Block in cui i quattro più che altro pavoneggiano la loro tecnica – e torna alle tastiere Hammer per accompagnare Beth Hart in una vibrante I’d Rather Go Blind pescata dal repertorio di Etta James: il concerto ha di nuovo virato ed ora ha il blues in poppa. E’ il momento migliore per una vera leggenda del blues e padre spirituale di Beck e della quasi totalità dei chitarristi rock-blues dai ’60 in poi: Buddy Guy, ottanta anni appena compiuti ma ancora in grandissima forma, che canta e suona in Let Me Love You da TRUTH. Il ritorno sul palco della giovane Rosie Bones riporta la scaletta all’attualità del nuovo album e a una modernità di suoni e gesti un tantino volgare. E’ solo un attimo visto che arriva l’istrionico Billy Gibbons per una versione di Rough Boy degli ZZ Top.
Niente pause. Entra di corsa in scena Steven Tyler: e quale è l’anello di congiunzione tra Beck e Tyler se non Train Kept A-Rollin’? Segue Shapes Of Things dal repertorio degli Yardbirds ma anche dal debutto da solo di Beck. Ed anche qui registriamo una assenza illustre; il vecchio amico Rod Stewart non c’e’, sostituito egregiamente da uno scatenato e meno imborghesito Tyler.
Il concerto si chiude con una versione strumentale di A Day In The Life dei Beatles. Poi il bis: un sentito omaggio a Prince morto qualche mese prima del concerto con una performance di Purple Rain cantata dalla straordinaria Hart e con quasi tutti gli ospiti sul palco ai cori più Tyler alle urla. Cala così il sipario sui primi cinquanta anni (abbondanti) di carriera di un uomo solitario e spigoloso, buon autore, grande interprete, chitarrista innovativo e non convenzionale, ma soprattutto magnifico esploratore sonoro, che forse ha raccolto meno di altri chitarristi a lui contemporanei.