Pubblicato il Aprile 22nd, 2019 | by Lino Carfagna
0Il Corpo della Voce – Roma, Palazzo delle Esposizioni
“Liberare la voce vuol dire liberare la persona”. La frase di Kristin Linklater, insegnante di recitazione e regista teatrale, sintetizza l’intima essenza della mostra “IL CORPO DELLA VOCE” in svolgimento fino al 30 giugno al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Si tratta di un excursus estremamente avvincente sull’uso della voce svincolato e affrancato dal senso di cui rivestiamo abitualmente le parole, liberate dalla sovrastruttura del significante per essere ridotte a pura emissione di suoni. L’esposizione, fotografica ma arricchita anche da numerosi contributi multimediali, si articola in tre sezioni dedicate ad altrettanti grandi esponenti della voce intesa ed utilizzata come strumento: Demetrio Stratos, Cathy Berberian e Carmelo Bene.
Il primo, conosciuto dai più come leader del gruppo progressive degli Area molto attivo negli anni ’70, ha assolutamente stravolto il modo di cantare tradizionale modulando la propria voce in forme totalmente innovative e rivoluzionarie dopo aver condotto originali e avanguardistici studi di etnomusicologia ed estensione vocale. Nella sala a lui dedicata, oltre ad ammirare bellissime foto in b/n, è possibile interagire con alcune sue prodigiose sperimentazioni di quegli anni poi testimoniate da album come METRODORA o CANTARE LA VOCE e ascoltare preziose interviste rilasciate da lui e da altri membri degli Area. Un’emozione particolarmente intensa riserva la sua interpretazione dei MESOSTIC di John Cage, che è possibile ascoltare in cuffia, così come LEMILLEUNA in collaborazione con Nanni Balestrini e ancora la partecipazione ad happening di assoluto valore artistico e storico (anche di questi fruibile la registrazione audio) come il famoso evento del 1978 “IL TRENO PREPARATO” di J. Cage sulla sonorizzazione di un treno lungo linee ferroviarie poco trafficate in Emilia al quale Stratos partecipò a suo modo, creando un tappeto sonoro costituito dal solo respiro. Credo che l’opera del musicista greco rimarrà un unicum nella panorama della musica italiana e internazionale e che la sua sia stata sicuramente una perdita incolmabile, anche umanamente.
La sala successiva ci introduce all’opera di Cathy Berberian, la cantante mezzosoprano americana di origine armena che insieme a Luciano Berio, suo compagno di vita e autore di molte sue opere, ha dato vita a capolavori di straordinario valore come STRIPSODY ispirato ai comic strips o THEMA OMAGGIO A JOYCE, una reinterpretazione “musicale” dell’ULISSE di Joyce composta tra il 1958 ed il 1959 da Luciano Berio, in cui l’opera è letta in diversi idiomi sovrapposti come in una sorta di polifonia in cui a prendere il sopravvento è l’intrecciarsi di parole di cui non si coglie tanto il senso letterario quanto piuttosto la spiccata musicalità. L’ULISSE di Joyce ci porta dritti a Carmelo Bene, il grande attore e regista teatrale, ultimo protagonista del nostro viaggio nelle inesauribili potenzialità della voce. L’artista salentino, celebre per aver ideato e messo in scena all’inizio degli anni ’80 il CORPO DELLA MACCHINA ATTORIALE rendendo sempre più minimale la scena e attribuendo sempre più spazio alla voce, ha da sempre considerato l’ULISSE di Joyce la più originale in assoluto delle opere letterarie del novecento, proprio perché somigliante a una sorta di partitura musicale in cui le parole, per via della tecnica narrativa nota come “flusso di coscienza”, finiscono per assomigliare a un susseguirsi ininterrotto di pure espressioni fonetiche.
“Ciò che nel linguaggio meglio si comprende non è la parola bensì il tono, l’intensità, la modulazione, il ritmo con cui una serie di parole vengono pronunciate. Insomma la musica che sta dietro le parole, la passione dietro questa musica, la personalità dietro questa passione: quindi tutto quanto non può essere scritto. Per questo lo scrivere ha così poca importanza”. Queste le parole di Nietzsche riportate da Carmelo Bene su alcuni suoi appunti, una sorta di epitaffio in fondo di questa mostra straordinaria sulla voce nelle sue inimmaginabili, molteplici forme di espressione umana primordiale e non contaminata.