Pubblicato il Ottobre 1st, 2016 | by Paolo Formichetti
0IL BACIO DELLA MEDUSA – Roma, Progressivamente Free Festival, 28/9/2016
Scrivere la recensione di un concerto è decisamente più difficile che scrivere quella di un disco: il concerto è un potente concentrato di emozioni difficilissimo da rendere al meglio con le parole. Non a caso l’atteggiamento stesso di chi è in sala varia dal posseduto che si scatena sotto al palco, all’estasiato che ascolta senza muovere un muscolo…
La mia prima ed unica esperienza live con la band risaliva a quasi un anno fa quando avevo affrontato una faticosa trasferta per assistere alla loro esibizione in un teatro di Perugia. Quasi per una sorta di compensazione karmica, il mai sufficientemente lodato Progressivamente Free Festival vede la sua attuale location a circa 10 minuti a piedi da casa mia, per cui è stato con un certo agio che mi sono potuto recare fin dal primo pomeriggio al locale per fare quattro chiacchiere con i musicisti (ormai assurti al rango di veri e propri amici) ed assistere al sound check. Il gruppo tornava ad esibirsi a Roma per la prima volta dal 2011, e l’occasione era resa ancora più speciale dalla concomitante presentazione del loro primo disco Live, registrato proprio nel concerto di Perugia.
Con pochi minuti di ritardo sull’orario previsto (far iniziare i concerti alle 21.30 è stata un’altra saggia scelta dell’organizzazione), la band fa il suo ingresso sul palco del Planet. Come di consueto anche nel look la band fa suoi gli insegnamenti degli anni ’70 e, senza scimmiottare il glorioso passato, si presenta con un abbigliamento di notevole impatto visivo e un atteggiamento dinamico e coinvolgente. Un gracchiare di corvi fa da introduzione all’opener Requiem per i Condannati a Morte che fin dalle prime note mostra l’energia che il gruppo sa infondere nelle sue esibizioni live. La sezione ritmica è pura dinamite, Brozzetti l’accendino che dà fuoco alla miccia con la sua chitarra selvaggia, Eva Morelli l’incantatrice che sa essere fata con la dolcezza del suo flauto o strega con un sax affilato come una lama. Su tutti poi giganteggia Simone Cecchini, la cui presenza scenica farebbe invidia a performer ben più famosi e le cui capacità vocali gli permettono di eseguire senza sbavature anche le parti più impegnative. Il tempo a disposizione del gruppo è solo di un’ora e quindi non c’è tempo da perdere. I brani si susseguono rapidamente: Indignatio e Simplicio, dall’ultimo lavoro in studio, Ricordi del Supplizio, Nostalgia Pentimento e Rabbia e Melencolia dal secondo concept, fino al gran finale dal primo disco, con Cantico del Poeta Errante e De Luxuria, et de Ludo, et de Taberna.
Nonostante un bilanciamento dei suoni non proprio ottimale, il concerto è stato molto apprezzato da un pubblico caldo, appassionato e, per una volta, numeroso, nonostante si trattasse di una data infrasettimanale.
(foto Francesco Desmaele)