Pubblicato il Novembre 1st, 2018 | by Paolo Formichetti
0Heartache – Skyscrapers and Firefalls (2017)
1.Monday, 3.13
2.Appareal Makes the Man
3.Waking Hour
4.Craziness
5.Round Canvas
6.Hope for Breakfast
7.Breaking News
8.Climax
9.Constant Dropping
10.Monday, 3.21
Etichetta Sliptrick Records
Durata 63’00”
Luca Aldisio (flue, acoustic guitar & vocals) ● Matteo Palladini (electric guitar & vocals) ● Alessandro Ippoliti (keyboards) ● Miriam Pauletto (bass) ● Alessandro Giordano (drums).
Gli Heartache sono una band romana dedita a un progressive metal tecnico ma con una buona componente melodica. Esordiscono discograficamente nel 2012 con l’EP APOPHIS, costituito da una unica lunga suite liricamente basata sul mito di Pandora, ma bisogna attendere il 2017 per arrivare alla pubblicazione del primo full lenght, SKYSCRAPERS AND FIREFALLS, che vede la luce grazie alla Sliptrick Records.
L’album si apre con una sequenza basata su tastiere d’atmosfera e suoni legati al mondo dei computer e della tecnologia che funge da intro per la bella e articolata opener Apparel Makes the Man, brano che sembra uscire dritto dritto dagli spartiti dreamtheateriani di WHEN DREAM AND DAY UNITE e che presenta richiami anche agli Enchant di A BLUEPRINT OF THE WORLD grazie al timbro vocale di Luca Aldisio, vicino a quello di Ted Leonard. Dopo un inizio ricco di energia le acque si calmano immediatamente con la ballad Walking Hour, che richiama ancora i Dream Theater sia nelle sonorità di tastiera che nell’impennata finale con tanto di solo di chitarra melodico. Una ballad voce e chitarra, Craziness, abbassa ancora i toni del disco, anche se in maniera decisamente piacevole grazie a una linea melodica accattivante: il finale si lega poi senza soluzione di continuità a Round Canvas, che nelle sue alternanze tra accelerazioni e aperture melodiche continua a sembrare, nell’accezione migliore possibile, un brano di prog metal dei primi anni ’90. Ancora lo spirito degli Enchant aleggia nelle successive Hope for Breakfast e Breaking News riuscito mix di aggressività e melodia, mentre le lunghe Climax e Constant Dropping forse avrebbero tratto beneficio se avessero riassunto le pur buone idee compositive in durate più contenute.
In definitiva si tratta di un disco che, pur suonando un po’ retrò per sonorità e stile, si mantiene sempre piuttosto piacevole e che ha nella voce e nel buon livello tecnico dei musicisti dei sicuri punti di forza che fanno ben sperare per ulteriori future realizzazioni discografiche.