Pubblicato il Settembre 26th, 2020 | by Antonio De Sarno
0FISH – Weltschmerz (2020)
1. Grace of God
2. Man with a Stick
3. Walking on Eggshells
4. This Party is Over
5. Rose of Damascus
6. Garden of Remembrance
7. C Song (The Trondheim Waltz)
8. Little Man What Now?
9. Waverley Steps (End of the Line)
10. Weltschmerz
Etichetta Chocolate Frog Records/2CD
Durata 42’12” + 42’18”
Fish (vocals) ● Steve Vantsis (bass, keyboards, guitars, programming) ● Robin Boult (guitar) ● John Mitchell (guitar) ● Craig Blundell (drums) ● Dave Stewart (drums) ● David Jackson (saxophone) ● Liam Homes (keyboards) ● Foss Paterson (keyboards) ● Doris Brendel (backing vocals) ● Mikey Owers (brass) ● Scottish Chamber Orchestra (strings)
Weltschmerz, Il dolore del mondo… inutile dire che l’emozione che si prova ad ascoltare questo disco per la prima volta non è affatto semplice da sintetizzare in poche parole. È dai tempi di RAINGODS WITH ZIPPOS che Fish diceva di voler seguire sentieri lontani dalla musica, ma questa volta l’artista scozzese sembrerebbe essere arrivato davvero al capolinea. Il tanto temuto/atteso disco d’addio è lungo, praticamente un film per le orecchie.
L’iniziale Grace of God ci fa entrare lentamente all’interno di quello che sarà l’ultimo capitolo nella storia musicale del gigante del prog d’oltremanica, il suo testamento. L’equilibro tra il soundscaping elettronico, lo storytelling tipico di Fish e una componente più semplicemente rock, rimane perfettamente in equilibrio per tutta la sua durata. Il fatto di avere già potuto assimilare un buon numero dei pezzi nei vari Ep anticipatori, rende l’ascolto particolarmente complicato, quasi come se ci trovassimo davanti a una compilation invece che a un progetto unitario. Anche la nuova Rose of Damascus, per esempio, pur se schiacciata tra This Party’s Over e Garden of Remberence, i due ultimi singoli, sembra davvero notevole e con uno sviluppo imprevedibile. Forse, in questo senso, Fish ha fatto pace con il progressive rock proprio adesso che sta per uscire di scena. D’altronde, chi aveva sentito Waverley Steps, che adesso chiude il disco insieme al brano omonimo (che non brilla per inventiva, ma nel contesto dell’album riprende quota) sapeva già che il signor Dick avrebbe riservato qualche gradevole sorpresa a chi lo segue da decenni. Chi è rimasto stregato appena ha sentito la fatidica frase, “so here I am once more” non resterà certo indifferente anche se il peso degli anni trascorsi (per l’artista, ma anche per il pubblico) si fa ingombrante.
WELTSCHMERZ è un bel disco, senza dubbio, un’uscita di scena più che dignitosa, anzi, probabilmente è uno dei dischi migliori di Fish dal brillantissimo esordio di tanti, tantissimi anni fa. Tante cose non hanno funzionato negli anni, ma il tempo che l’artista ha voluto dedicare al cesello di questo lavoro rende giustizia per i troppi passi falsi alla ricerca forse di un successo commerciale che non mai sarebbe arrivato. Forse è stato avaro, forse aveva semplicemente esaurito la carica emotiva degli esordi. O forse è stata la vita a non coincidere più con l’arte. Se poi il Covid-19 ci priverà anche dell’occasione di rivederlo un’ultima volta su un palco, allora il finale della commedia sarà davvero amaro. L’ultimo sipario cadrà nella sala vuota e noi rimarremo con i mille ricordi di dischi consumati e concerti indimenticabili, ma anche di innumerevoli occasioni mancate.