Live report

Pubblicato il Agosto 27th, 2016 | by Paolo Carnelli

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FISH – Aprilia Campoverde, Smaila’s 05/06/2014

Passano gli anni, ma quando sale sul palco, il buon vecchio Derek William Dick riesce sempre a ipnotizzare il pubblico. In attesa del tour italiano del prossimo novembre, il concerto allo Smaila’s di Aprilia ha fornito sicuramente indicazioni confortanti…

Diciamolo subito, gli ultimi mesi non sono stati semplici per Fish: il gigante scozzese ha dovuto fronteggiare l’abbandono del fido tastierista Foss Paterson, la cancellazione dell’intero tour inglese originariamente previsto per lo scorso maggio a causa dei problemi di salute del chitarrista Robin Boult, e infine trovare in pochi giorni un sostituto per il nuovo tastierista, Mike Varty, che a detta del Pesce non era riuscito a metabolizzare il repertorio in modo soddisfacente. A tutto questo, e con l’unica data italiana di giugno costantemente in bilico, si sono aggiunte le problematiche relative all’agibilità del teatro di Aprilia che avrebbe dovuto ospitare il concerto, problematiche fortunatamente superate brillantemente dagli organizzatori che hanno individuato a tempo di record una location alternativa.

Insomma, quando è finalmente salito sul palco dello Smaila’s di Campoverde, Fish deve aver tirato un sospiro di sollievo, e nonostante le poche prove effettuate con l’organico al completo, ha indossato i guantoni e ha accettato la sfida. Poteva scaturirne una performance nervosa o magari sotto tono, e invece la voglia di suonare e di divertirsi sopra e sotto il palco ha avuto il sopravvento, dando vita a una serata indimenticabile. La scaletta, come era giusto che fosse, ha privilegiato i brani contenuti nell’ultimo eccellente album A Feast of Consequences, riproposto quasi per intero, ma più di altre volte tutta la setlist è stata assemblata in maniera particolarmente felice, con estratti dall’intera carriera dell’artista scozzese, compresa ovviamente la parte con i Marillion. A questo proposito, come non citare subito il tuffo al cuore rappresentato dall’esecuzione integrale di Script for a Jester’s Tear, o la carica dirompente di Assassing, ancora oggi uno dei pochi brani esistenti in grado di coniugare le sfumature del prog con l’energia del punk. Sorprendente e decisamente riuscito il ripescaggio della chiassosa Big Wedge, dal primo album solistaVigil in the Wilderness of Mirrors, mentre nel medley finale, oltre alla già citata Assassing, hanno trovato posto l’immancabile e corale Credo, la coda strumentale di Fugazi e White Feather da Misplaced Childhood.

Naturalmente non sono mancati, tra un pezzo e l’altro, i consueti monologhi fishani: di particolare intensità soprattutto quello che ha introdotto i due brani tratti dalla splendida suite sulla prima guerra mondiale contenuta in A Feast of Consequences, con un riferimento diretto alla recente visita di Roger Waters ad Anzio e una critica esplicita alla eccessiva spettacolarizzazione dell’evento. Già nota invece, anche se sempre interessante da ascoltare, la ricostruzione della genesi di The Company. Il brano fu scritto da Fish su indicazione del grande Bob Ezrin all’epoca diClutching at Straws: Ezrin avrebbe dovuto produrre il nuovo album dei Marillion e fu proprio lui a suggerire all’artista scozzese le tematiche da affrontare nel testo.

A questo punto resta da raccontare solo l’epilogo del concerto, con Fish a ballare in mezzo al pubblico sulla trascinante coda di Internal Exiles e registrare l’esordio positivo del nuovo arrivato John Beck: sulle capacità del tastierista degli It Bites non esistevano dubbi, anche se il suo approccio ai brani è stato logicamente un po’ timido. Passata l’emergenza, aspettiamo con ansia il tour italiano di novembre… sperando per il nostro Fish che i tanti contrattempi di questi mesi siano solo un lontano ricordo.

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