Pubblicato il Giugno 11th, 2018 | by Antonio De Sarno
0Father John Misty – God’s Favorite Customer (2018)
1. Hangout at the Gallows
2. Mr. Tillman
3. Just Dumb Enough to Try
4. Date Night
5. Please Don’t Die
6. The Palace
7. Disappointing Diamonds Are the Rarest of Them All
8. God’s Favorite Customer
9. The Songwriter
10. We’re Only People (And There’s Not Much Anyone Can Do About That)
Etichetta Sub Pop/CD
Durata 38’34”
Josh Tillman (guitars, percussions, keyboards, bass, harmonica) ● Jonathan Rado (bass, guitars, keyboards) ● Bobby Krlic (strings, horns) ● Jonathan Wilson (bass synthesizer, Crumar, keyboards) ● Elijah Thomson (bass) ● Jon Titterington (keyboards, glockenspiel, trumpet) ● Gabe Noel (cellos, lap steel) ● Mark Ronson (bass) ● James King (saxophone) ● David Vandervelde (guitars) ● Natalie Mering (vocals)
Josh Tillman, in arte Father John Misty, un’artista così eclettico da includere nella sua playlist su Spotify Brian Eno e Nilla Pizzi, Robert Wyatt e Nancy Sinatra dovrà per forza polarizzare l’ascoltatore, soprattutto dopo l’epocale PURE COMEDY, pubblicato appena un anno prima di questo nuovo, stranissimo GOD’S FAVOURITE CUSTOMER. Cosa si può dire? Grazie a un leak da parte di I-Tunes abbiamo potuto ascoltare il disco con un bel po’ di anticipo rispetto alla pubblicazione ufficiale all’inizio di giugno. Un vantaggio non di poco conto per poter scrivere due parole sensate per un album che potrebbe rappresentare un’altra tappa nell’ascesa dell’artista o un passo più lungo della gamba e l’inizio del declino artistico, se non commerciale. Il disco non è all’altezza del precedente, e la recensione potrebbe finire qui.
Ciò non toglie nulla alla sua capacità di evocare delle situazioni che potrebbero essere dei piccoli film “on the road”, dei piccoli romanzi americani, come nel brano che ha anticipato l’uscita, la strepitosa Mr Tillman, una masterclass per chiunque pensa che scrivere un testo sia un esercizio semplice o di routine. Niente è scontato in questi tre minuti di puro genio. In realtà tutta la prima sequenza promette molto bene, anche considerato il fatto che il disco non arriva nemmeno a 40 minuti, quindi la metà del parto di proporzioni bibliche che fu PURE COMEDY. L’iniziale Hangout At The Gallows, o la lisergica Date Night sono da antologia, così come la beatlesiana Disappointing Diamonds Are The Rarest of Them All. Il resto del lavoro, purtroppo, rimane enigmatico nella sua introspezione e i tre brani finali (tra cui la deludente title-track) riescono addirittura a essere noiosi come se Josh dovesse in qualche modo arrivare in fondo al disco per svoltare pagina. Viene in mente la quarta facciata di THE RIVER di Bruce Springsteen.
Il concept è proprio un lost weekend che fotografa una crisi coniugale e il tentativo di risollevare le proprie sorte attraverso le canzoni e la loro realizzazione. I testi vivisezionano con ironia e arguzia gli stati d’animo del protagonista in maniera precisa ma, abituati ai voli pindarici del precedente, si rimane abbastanza delusi. A questo proposito il brano The Songwriter sembra quasi un sequel della hammilliana (On Tuesday She Used to do) Yoga. Abbiamo capito, ma forse non era proprio necessario pubblicarlo come “il nuovo album”. Magari sarebbe stato meglio un ep contenente il materiale più ispirato.