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Pubblicato il Aprile 10th, 2019 | by Simone Ercole

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Devin Townsend – Empath (2019)

Tracklist
1. Castaway
2. Genesis
3. Spirits will Collide
4. Evermore
5. Sprite
6. Hear Me
7. Why?
8. Borderlands
9. Requiem
10. Singularity

Etichetta Inside Out Music, HevyDevy/CD

Durata 74’08”

Personell

Devin Townsend (lead vocals, guitars, bass, keyboards, programming, production) ● Nathan Navarro (bass) ● Morgan Agren (drums) ● Samus Paulicelli (drums) ● Anup Sastry (drums) ● Elliot Desgagnés (additional vocals) ● Ché Aimee Dorval (additional vocals) ● Anneke van Giersbergen (additional vocals) ● Chad Kroeger (additional vocals) ● Ryan Dahle (additional guitars) ● Steve Vai (additional guitars) ● Elektra Women’s Choir (choir) ● Mike Keneally (music direction) ● Adam “Nolly” Getgood (additional producer, engineering)

Dopo lo scioglimento del Devin Townsend Project, che per quasi dieci anni ha occupato la carriera di Devin andando ben oltre le iniziali aspettative (erano previste solamente quattro uscite sotto quel nome), Townsend torna come vero e proprio solista in quello che è indubbiamente uno dei suoi lavori più ambiziosi. In realtà il polistrumentista non è in completa solitudine, in quanto lui stesso ha citato in più interviste l’importante contributo di Mike Keneally soprattutto in sede di composizione e arrangiamento, ma è anche vero che si tratta di uno degli album più personali della carriera di Townsend fino ad ora. Personale fin da quelli che sembrano essere i temi portanti dell’album, e cioè l’empatia, concetto di fondamentale importanza specialmente nei tempi che stiamo vivendo, oltre alla capacità di dare valore a sé stessi, di celebrare ciò che siamo senza paure.

A livello musicale la prima novità se si prendono in esame gli altri lavori precedenti è la decisione di non imporsi alcun limite. Se infatti si dà un’occhiata alla discografia di Devin si può notare facilmente come tutti gli album siano focalizzati su di un genere, un tipo di sonorità, un tema, e che quindi la poliedricità della sua musica riusciva ad emergere solo ascoltando più album anche radicalmente diversi tra loro (come ad esempio il progressive metal estremo di DECONSTRUCTION e il quasi country di CASUALTIES OF COOL). In EMPATH invece tutte le influenze e le direzioni che la musica di Devin può intraprendere sono presenti, senza distinzioni, creando spesso contrasti inaspettati e, sulla carta, alquanto azzardati.

Il primo singolo uscito, Genesis, che funge un po’ da overture presentando le sonorità ed i “temi” dell’album, ben rappresenta la natura di questo lavoro con il suo andamento imprevedibile che oscilla tra sonorità anche diametralmente opposte, unendo magistralmente metal pesantissimo con orchestra e coro (questi ultimi fondamentali nel suono particolarmente grandioso onnipresente nell’album), oltre a numerosi accenni ad altri generi e sonorità. Contrasto questo che poi trova la sua maggiore espressione nella geniale contrapposizione dei due brani più estremi dell’album: Hear Me e Why?. Il primo guarda al black metal, con blast beat impressionanti per tutta la sua durata, mentre il secondo, che tra l’altro contiene forse una delle migliori esibizioni vocali di Devin, è in uno stile spudoratamente da musical, e nella sua unicità si conferma uno dei brani più riusciti e interessanti del disco. Spirits Will Collide è forse il brano più semplice dell’album con il suo incedere corale e positivo, mentre Evermore nasconde la sua natura complessa dietro a melodie contagiose e memorabili. Sprite e Borderlands sono invece brani decisamente più intricati, con accenni di elettronica il primo e un andamento totalmente imprevedibile che parte dal reggae nel secondo (purtroppo inutilmente diluito da una sezione centrale in cui il brano sembra quasi fermarsi), ma mai quanto la conclusiva Singularity. Introdotta dalla corale Requiem, è in sostanza una suite di 23 minuti che racchiude al suo interno molto di ciò che si è ascoltato finora, lasciandosi anche andare in sezioni decisamente più sperimentali. Proprio in questo brano infatti l’ascolto può diventare un po’ più impegnativo, in quanto se si escludono le bellissime parti più melodiche che si incontrano all’inizio e l’epica conclusione con tanto di assolo di Steve Vai, in mezzo si passa nuovamente da sezioni metal più estreme (There Be Monsters) a pure e semplici stranezze che sembrano strizzare l’occhio a certe cose di Frank Zappa (Curious Gods), presumibilmente partorite grazie al contributo di Mike Keneally.

EMPATH, vista la sua natura, si può quasi vedere come un’opera riassuntiva della carriera di Devin Townsend fino ad oggi, contenendo al suo interno esempi e rimandi stilistici a molte uscite del suo passato (comprese le cose più estreme dei tempi con gli Strapping Young Lad). Allo stesso tempo si conferma come una delle sue opere più uniche, impegnative, complesse ed emozionanti in assoluto. Degna di nota la versione deluxe, contenente un secondo CD con circa 50 minuti di ulteriore musica che non avrebbe sfigurato affatto come parte di un album vero e proprio.



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