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Pubblicato il Dicembre 27th, 2020 | by Simone Ercole

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CIRCULATORY SYSTEM – Circulatory System (2001)

Tracklist
1. Yesterday’s World
2. Prehistoric
3. Diary of Wood
4. Outside Blasts
5. Joy
6. The Lovely Universe
7. Round
8. Inside Blasts
9. Illusion
10. Waves of Bark and Light
11. Now
12. A Peek
13. Fingers
14. Days to Come (In Photographs)
15. Symbols and Maps
16. The Pillow
17. Stars
18. Should a Cloud Replace a Compass?
19. Time or Dateline
20. How Long?
21. Your Parades
22. Forever


Personell
William Hart (voices, guitars, bells, drums, percussions, manipulations, electronics) ● John Fernandez (violin, clarinet, chant leader, bass) ● Eric Harris (melodica, drums, bass, the magic tape organ) ● Pete Erchick (bass, organ, ukulele) ● Jeff Mangum (drums, shortwave, voice) ● Heather McIntosh (cello) ● Chris Bishop (bass, tambourine, tiny keys) ● Julian Koster (second drums, bass guitar, sheet metal) ● Scott Spillane (brass instruments) ● Darrin Cook (double bass) ● Tod Welch (trumpets, saxophone) ● Robbee Cucchiaro (brass instruments) ● Jeremy Barnes (drums) ● Hannah Jones (voice) ● Steven Trimmer (balalaika, mandolin) ● Raleigh Hatfield (organ) ● Christina Hogan (obie) ● Mike Schwalze (organ) ● Andrew Reiger (slide guitar) ● Brandon Robertson (bass) ● Scott B. Hollan (skembie)


Dalle ceneri degli Olivia Tremor Control, Will Hart, insieme a molti membri dell’Elephant 6, sfodera i Circulatory System e pubblica un capolavoro pop unico nel suo genere…

Gli Olivia Tremor Control, dopo l’uscita di BLACK FOLIAGE: ANIMATION MUSIC, VOLUME ONE e il relativo tour di supporto nel 1999, non esistono più. Le due anime principali della band, Will Hart e Bill Doss, si separano. 

Con Doss impegnato nei suoi Sunshine Fix, Hart, spinto anche da molti colleghi, decide di formare una “nuova” band con altri vecchi amici già visti altrove, OTC in primis: nascono così i Circulatory System. Con un nome che sembra riferirsi alla visione del tempo come ciclico (tema che troverà anche spazio nell’album d’esordio), nel 2001 pubblicano il loro primo album sotto la loro nuova etichetta, la Cloud Records, con una copertina che sovrappone quelle dei due album degli OTC (entrambe realizzate da Hart, così come il logo dell’Elephant 6). Se in questi ultimi le due “tendenze”, quella pop e quella più strettamente sperimentale, sembravano alternarsi rimanendo il più delle volte separate, in questo album il tutto viene combinato e sovrapposto, creando un’amalgama sonora di stampo onirico, ma in realtà difficilmente definibile. Si va da elementi prettamente lo-fi, frutto di registrazioni casalinghe, a inaspettate entrate di strumenti registrati in migliore qualità, spesso in gran quantità (stando ad Hart, un brano come The Peek ha necessitato di 55 tracce) e con abbinamenti audaci (specie nell’uso di fiati, come il clarinetto e nell’importante presenza del violoncello). Il tutto scorre senza pausa in un’ideale suddivisione in due lati, con la voce sussurrata di Hart (e i cori degli innumerevoli ospiti) ad accompagnare l’ascoltatore attraverso brani dal notevole spessore filosofico, ma sempre con un risvolto positivo. Proprio per questa sua natura è difficile isolare singole tracce, seppure ci siano sezioni come Joy, o l’iniziale Yesterday’s World, o anche l’apparentemente più complessa Inside Blasts, che non è difficile ritrovarsi a canticchiare dopo pochi ascolti. I temi affrontati sono piuttosto complessi: il già citato tempo ciclico, la coscienza collettiva, l’universo dentro di noi, il tutto però è esposto in un modo semplice, con una visione quasi infantile. La conclusione di Forever (il mantra “We will live forever and you know it’s true”), così come il messaggio di Joy (“If you still believe in joy, even if the world is full of hate, we can blast away inside”) fanno intuire come il fine ultimo sia invitare ad una visione positiva del mondo, in quanto solamente così potremo vivere per sempre.

Ci sono droni, canti dal sapore tribale, nastri manipolati, messaggi nascosti e chissà quant’altro, ma è difficile definire il risultato finale in altro modo se non pop. Un pop certamente particolare, a tratti sinfonico, notturno, con un ché di rituale, colorato e mai pesante. Ed è infatti qui che l’album eccelle, nel suo dimostrare concretamente l’ampiezza e la profondità che il genere pop e l’auto-produzione possono ottenere, allora come, forse ancor di più, oggi. Anche se molti quando si parla di questo genere di album ispirati agli anni ’60 tirano fuori, anche giustamente, SGT. PEPPER’S come riferimento, in realtà l’album che ha avuto più impatto su questa musica è SMILE dei Beach Boys, la cui frammentarietà e mistero hanno lasciato un segno profondo in questi musicisti e nei relativi lavori.

CIRCULATORY SYSTEM è un album celebrato da alcuni (Pitchfork, ad esempio, non si trattenne nell’uso di termini entusiastici alla sua uscita), ma generalmente poco considerato al di fuori del suo “circolo”, spesso messo in ombra dall’ingombrante eredità degli OTC (a loro volta comunque troppo poco considerati, e spesso per i motivi sbagliati). Uscì all’epoca solamente in CD, mentre proprio nel 2020 ha visto la sua prima pubblicazione su doppio vinile. Seguirà nel 2005 una temporanea reunion degli OTC, dopo il cui nuovo scioglimento arriverà, nel 2009, il secondo album dei Circulatory System, SIGNAL MORNING, un lavoro altrettanto interessante ma decisamente diverso.

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