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Pubblicato il Settembre 7th, 2016 | by Lorenzo Barbagli

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Beardfish – +4626-COMFORTZONE (2015)

Tracklist

1. The One Inside Part 1 – Noise In The Background
2. Hold On
3. Comfort Zone
4. Can You See Me Now
5. King
6. The One Inside Part 2 – My Companion Throughout Life
7. Daughter/Whore
8. Ode To The Rock ‘N’ Roller
9. If We Must Be Apart (A Love Story Continued)
10. The One Inside Part 3 – Relief

Etichetta InsideOut Music /CD

Durata 65’28”

Personell

Rikard Sjöblom (vocals and keyboards) ● David Zackrinsson (guitars) ● Robert Hansen (bass) ● Magnus Östgren (drums)

La nuova opera dei Beardfish potrebbe essere un buono spunto per riflettere sullo stato attuale del progressive rock. Parafrasando il titolo di un recente album dei Pineapple Thief si potrebbe sentenziare “Something here is missing”. Manca qualcosa nel progressive odierno, perlomeno di quello più sinfonico, visto che da qualche tempo non capita di ascoltare un album che emerga dalla marea di proposte sempre più numerose, e anche un gruppo duraturo come quello guidato da Rikard Sjöblom (da poco entrato ufficialmente anche nei Big Big Train) non fa eccezione. Partiti in gran forma all’inizio del nuovo secolo con dei lavori che li attestavano come una nuova speranza per il genere, i Beardfish, ultimamente, sembra che abbiano affievolito la loro ispirazione. +4626-COMFORTZONE è ancora meno interessante del precedente The Void: i riff, le particelle tematiche, le linee melodiche, non possiedono la forza e l’incisività di un tempo. Se prendiamo i brani più estesi – Comfort Zone e If We Must Be Apart (A Love Story Continued) – invece che rappresentare il perno della narrazione musicale, si impantanano come se fossero delle scelte di seconda mano o degli stiracchiamenti, fin troppo indulgenti, di ballate rock blues e folk acustico. Il tutto è condito da citazioni a piacere di King Crimson, Deep Purple e Jethro Tull, ma dei Beardfish più avventurosi rimane solo l’ombra. In pezzi come Hold On e Ode to the Rock ‘N’ Roller tutto è relegato ad ottenere il massimo con uno sforzo minimo, mentre Can You See Me Now e Daughter/Whore vanno poco più in là dell’esercizio di stile nel replicare le atmosfere flower power anni ’60 e prog metal rispettivamente, sempre però con quel senso da velata parodia zappiana che fa parte del DNA goliardico musicale dei Beardfish. L’unico vero sussulto (il che è un po’ poco) è dato dalla sanguigna King, un misto di The Who e Rush che è solo un modesto assaggio di quello che potrebbero produrre i Beardfish veramente. Nessuno vuole mettere in dubbio le effettive qualità e capacità di questa band ma, proprio per i lavori che essa ha alle spalle, è lecito aspettarsi qualcosa di più.

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