Pubblicato il Marzo 6th, 2022 | by Ed Pisani
0Band Of Horses – Things Are Great (2022)
1. Warning Signs
2. Crutch
3. Tragedy of the commons
4. In the hard times
5. In need of repair
6. Aftermath
7. Lights
8. Ice night we’re having
9. You are nice to me
10. Coalinga
Etichetta BMG/CD
Durata 41’14”
Ben Bridwell (vocals, guitars) ● Ryan Monroe (guitars, keyboards) ● Creighton Barrett (drums) ● Matt Gentling (bass) ● Ian MacDougall (guitars)
“From the 3rd best band in the Carolinas” recita lo sticker sulla copertina di THINGS ARE GREAT che mi ha fatto disperare nel cercare di capire chi fossero la numero uno e due. Di certo c’è che dalla South Carolina proviene il leader e ispiratore dei ‘cavalli’, Ben Bridwell, autore di sei brani su dieci e co-autore degli altri quattro.
L’altra curiosità è che l’album era stato annunciato, in forma ufficiale, per marzo e invece me lo sono ritrovato di fronte un mese prima. Meglio così perché questi Horses hanno un posto speciale nella mia classifica personale e non mi hanno mai deluso nei concerti seguiti nell’ultimo decennio.
Questo è il sesto album in studio dei Band of Horses, che da cinque anni erano spariti (o quasi) dalle scene. La precedente opera del 2016, WHY ARE YOU OK? aveva entusiasmato critica e appassionati segnando un cambio di passo rispetto al passato grazie alla produzione di Jason Lytle già Grandaddy. Ora malgrado alcuni cambi nella composizione del gruppo, non è cambiata l’impronta sonora e l’ethos che ci avevano regalato fin dagli esordi. Appaiono per la prima volta al basso Matt Gentling (che era stato in tour con la Band dal 2017) e alla chitarra Ian McDougall, che all’incirca nello stesso periodo aveva sostituito Tyler Ramsey, desideroso di restare con la propria famiglia e interrompere la catena di concerti in giro per il mondo.
Il titolo THINGS ARE GREAT lascia supporre una ritrovata pace di Bridwell con se stesso: emotivamente carico, con riferimenti personali nei testi, la musica di Ben Bridwell continua a creare un’atmosfera che è allo stesso tempo originale e tradizionale. Sarà perché ci ritrovo le ballate di Bruce Springsteen e di Neil Young (Warning Signs), un riflesso blues (In the hard times) ma con armonie vocali mielate e intriganti vicine all’indie-rock più attuale (per esempio in Lights). Crutch suona come un omaggio ai Cure e come racconta Bridwell nasce da un gioco di parole tra quello che avrebbe voluto dire in modo semplice, ‘I’ve got a crush on you’ e il bisogno di avere una “stampella (crutch per l’appunto) su cui poggiarsi per andare avanti, qualcuno su cui potere sempre contare nei momenti più difficili.
Da ascoltare e riascoltare con attenta compenetrazione. I cavalli sono di nuovo al galoppo. E noi in sella ci divertiamo con loro.