Pubblicato il Aprile 16th, 2018 | by Simone Ercole
0Arabs In Aspic – Syndenes Magi (2017)
1. Syndenes Magi
2. Mörket 2
3. Mörket 3
Etichetta Apollon Records/CD
Durata42’14”
Jostein Smeby (guiter, vocals) ● Stig Arve Kvam Jörgensen (keyboards, vocals) ● Erik Paulsen (bass, vocals) ● Eskil Nyhus (drums, percussion) ● Halvor Viken Holand (violin) ● Alessandro Elide (percussion)
Non sono propriamente un cultore del cosiddetto “prog scandinavo”, tutt’altro; però nel 2015, per puro caso, ebbi la fortuna di ascoltare questi Arabs In Aspic al festival di Veruno. Fu una grande sorpresa per me, sensibile come sono ad un certo tipo di sonorità, come dire, “vecchie”. Spazzarono letteralmente via chiunque quel giorno con la loro carica hard prog, tanto da convincermi ad informarmi su di loro e a mettermi alla ricerca dei loro album, scoprendo ottimi lavori come STRANGE FRAME OF MIND, PICTURES IN A DREAM e VICTIM OF YOUR FATHER’S AGONY.
Fui sorpreso quando, all’annuncio di questo SYNDENES MAGI, fu resa nota l’intenzione di utilizzare esclusivamente la lingua norvegese e di strutturare l’album nel classico formato a tre suite: un po’ come CLOSE TO THE EDGE degli Yes per intenderci. Ed il che già stupisce, specialmente tenendo conto che gli album precedenti presentavano tutti brani al di sotto dei dieci minuti e solo una minima percentuale di norvegese (VICTIM OF YOUR FATHER’S AGONY del 2015 era addirittura tutto in inglese). Quindi pare evidente una sorta di cambiamento rispetto al passato, oltre che un richiamo ad esso viste le 2 parti di Mörket, la cui prima è in STRANGE FRAME OF MIND del 2010.
Musicalmente l’album sembra ampliare notevolmente certe tendenze già presenti nell’album precedente in brani come God Requires Insanity, mantenendo spesso tempi lenti e possenti. E se fin da subito è impossibile non notare richiami a certe cose dei King Crimson (un po’ per l’immancabile mellotron, un po’ per certi riff come il primo della title track, non lontano da Pictures Of A City), non mancano le consuete tinte hard rock con bellissime armonie vocali alla Uriah Heep, oltre a qualche aspetto che ricorda i magnifici Khan. Ma potremmo anche citare i Vanilla Fudge per l’abbondanza di Hammond, o gli Atomic Rooster, la lista sarebbe lunga. Ed è ammirevole il modo in cui questi ragazzi riescano a combinare tutte queste influenze creando qualcosa di fortemente personale, non nuovo ma neanche totalmente derivativo.
Tutti e tre i brani sono molto estesi e puntano più a creare un’atmosfera che a colpire con il canonico contrasto “piano – forte” e cambi di tempo tipici del prog. Il che funziona in gran parte dell’album, ma a tratti porta forse ad una sensazione di lunghezza eccessiva dei brani alla luce dell’effettivo contenuto. Ciò che colpisce però è la resa sonora calda, avvolgente, dominata da chitarre, Hammond, Mellotron, synth vari, batteria non esagerata che fa il suo (rarità in tempi recenti) e basso spettacolare, oltre a performance vocali sempre ottime. Apprezzabile poi l’occasionale tendenza alla cacofonia, il lasciarsi andare al puro “casino” che ogni tanto affiora, come nel finale di Mörket 2 o nella seconda metà di Mörket 3: è liberatorio. Certo, la lingua norvegese può essere un ostacolo all’ascolto, ma personalmente pensavo mi avrebbe turbato di più: ci si fa l’abitudine dopo poco.
In definitiva, nonostante forse gli album precedenti fossero un po’ più a fuoco per via dell’utilizzo del formato a canzoni, siamo di fronte a quaranta minuti abbondanti di ottimo hard prog vecchio stile splendidamente eseguito, che non può non riscaldare il cuore a chiunque abbia un debole per certe sonorità.