Pubblicato il Luglio 19th, 2017 | by Paolo Carnelli
0Antonio Maresca
Nato a Napoli il 3 ottobre del 1979 da madre catanese e padre napoletano, Antonio Maresca è un vero e proprio figlio del Regno delle due Sicilie. Nel mezzo dell’adolescenza si trasferisce a Roma con la vecchia chitarra del padre, portandosi dietro il fascino e le contraddizioni della cultura Partenopea e le varie influenze della musica mediterranea. Assetato di esperienze, appena diciannovenne decide di andare a vivere in Inghilterra, questa volta portando con se la sua prima chitarra elettrica e un enorme zaino, dopo aver appurato che una valigia non riusciva a contenere tutti i suoi sogni. Rientrato a Roma continua a studiare chitarra jazz, fonda il “Fourth Mile Studio” e si specializza nella fonia e nelle tecniche di registrazione. Nel 2017 esce il suo primo disco “Aspettamm’ Ancora”. More info: www.antoniomaresca.net
ELECTRIC LADYLAND – Jimi Hendrix (1968)
Electric Ladyland è sicuramente il disco piu maturo di Hendrix. Credo che alcuni artisti siano nati per dare una svolta alla musica, Hendrix con questo disco lo ha fatto unendo il rock e il blues alla psichedelia. Ricordo le notti passate a Londra, chiuso in camera ad ascoltare questo disco, momenti indimenticabili. Il brano 1983… (A Merman I Should Turn to Be) è un vero e proprio viaggio, l’immagine di quest’uomo che decide di lasciare la terra e andare a vivere negli abissi del mare, per non assistere più alla guerra e alla scelte sbagliate dell’umanità è una metafora stupenda.
HEAD HUNTERS – Harbie Hancock (1973)
Il primo disco di Harbie Hancock che ho ascoltato. Ero molto giovane e non conoscevo ancora la sua discografia jazz: sentire per la prima volta la fusione perfetta tra il funk e il jazz, (che poi è diventata parte della mia ricerca musicale) è stato come riscoprire la musica. Inoltre il disco è registrato interamente senza chitarra, e per un chitarrista ascoltare un disco funk senza chitarra e non sentirne la mancanza è un vero e proprio miracolo che solo Hancock poteva realizzare!
BELLA ‘MBRIANA – Pino Daniele (1982)
Tra tutti gli artisti che porto nel cuore, Pino Daniele ha sicuramente un posto in prima fila, infatti è stato difficile scegliere un suo disco da portare sull’isola deserta. Ho scelto Bella ‘mbriana perché forse è quello che esprime maggiormente la realizzazione del suo percorso e della sua ricerca musicale. La fusione tra il mediterraneo, il jazz, il blues e la musica d’autore. La presenza di Wayne Shorter e Alphonso Johnson ne sono la conferma. Poi sentire Shorter che suona il sax soprano su Maggio se ne va è uno spettacolo.
WISH YOU WERE HERE – Pink Floyd (1975)
Wish You Were Here dei Pink Floyd non si può lasciare fuori da questa lista, è un disco che ha fatto la storia del rock progressive e dei concept album. L’intro di chitarra di Shine on You Crazy Diamond è un brano nel brano, pochi chitarristi al mondo hanno un fraseggio con lo stesso senso melodico di David Gilmour. Per non parlare dell’effetto phaser sulla chitarra di Have a Cigar… un disco irripetibile.
SGT. PEPPER’S LONELY HEART CLUB BAND – The Beatles (1967)
Da qualche anno i Beatles erano alla ricerca di nuove sperimentazioni. Nel precedente disco Revolver l’ingresso della psichedelia aprì la band a nuove soluzioni. Ma la maturità artistica, l’interesse per la meditazione e le influenze di musica indiana fanno di Sgt. Pepper uno dei dischi più significativi della loro carriera e dalla mia formazione musicale. Non a caso la rivista Rolling Stone ha messo quest’album al primo posto nella lista dei 500 migliori dischi di tutti i tempi.
AMORE E NON AMORE – Lucio Battisti (1971)
Il disco di Battisti che amo di piu. Si iniziano a intravedere le autentiche doti compositive e la sua voglia di sperimentazione. Un concept album sull’amore, totalmente al di fuori dello schema “canzone” che per motivi commerciali gli veniva imposto. Un discorso che ha affinato con Anima latina qualche anno dopo. Suonato quasi interamente in presa diretta con le voci di Lucio che urla ai musicisti gli assoli e i finali dei brani. Tra l’altro, i musicisti presenti nel disco sono quelli della PFM.
VOLUME III – Fabrizio De André (1968)
Volume III è l’album che ho praticamente consumato nei due anni che ho trascorso vivendo in Inghilterra. E’ stato una sorta di legame che cercavo di mantenere vivo con l’Italia e con l’italiano, e non c’era niente di meglio delle poesie trasformate in musica da Faber. La sua voce profonda e il modo in cui tratta il tema della morte in questo disco è qualcosa che ti entra dentro e ci resta.
NAPOLI CENTRALE – Napoli Centrale (1975)
Napoli è una città che ha avuto diverse dominazioni: le contaminazioni e le influenze presenti in questo disco, e nella formazione stessa del gruppo, con James Senese, ne sono l’esempio. Napoli Centrale è frutto di qualcosa di irripetibile, c’è dentro la parte più viscerale della cultura napoletana fusa con il jazz/rock d’oltreoceano.
BRIGHT SIZE LIFE – Pat Metheny (1975)
Questo disco mi ha letteralmente fatto venire la voglia di studiare la chitarra jazz. Quando ho ascoltato per la prima volta Pat Matheny e il suono della sua chitarra mi sono innamorato. Poi sentirlo suonare così a soli ventitrè anni con Jaco Pastorius al basso e Bob Moses alla batteria è qualcosa di incredibile.
BLOOD SUGAR SEX MAGIC – Red Hot Chili Peppers (1991)
Blood Sugar Sex Magic è stato un disco che mi ha ispirato particolarmente. Le chitarre funk di John Frusciante, con il suono alla Hendrix, unite al modo di cantare di Anthony Kiedis tra il Rap il rock, suonavano veramente come qualcosa di innovativo e di esplosivo allo stesso tempo. Poi in questo disco i Red Hot avevano davvero tanto da dire: diciassette traccie una più bella dell’altra. Niente a che vedere con i dischi dove c’è solo un singolo e il resto sono riempitivi…