Isole

Pubblicato il Agosto 24th, 2016 | by Paolo Carnelli

0

Andrea Pavoni (Greenwall)

I dieci dischi dell’isola deserta di ANDREA PAVONI, ovvero Mr.Greenwall: un progetto musicale che per quindici anni ha attraversato i generi e gli stili con il semplice obiettivo di trasmettere al mondo una grande passione per le sette note. Dai brani realizzati in solitudine e con pochi collaboratori, a quelli in cui i musicisti di supporto si sono moltiplicati in modo esponenziale, dalle suite sinfoniche alle canzoni dal taglio cantautorale, la proposta di Greenwall non è mai scontata o banale, ma rappresenta sempre un momento di ricerca. More info: www.greenwall.it


RELAYER – Yes (1975)
Scegliere un solo album degli Yes è quasi una cattiveria. Scelgo “Relayer” perché c’è la “suite delle suites”, ovvero The Gates of Delirium, che non può non influenzare un “qualsiasi” musicista, e perché anche il resto dell’album è assolutamente “avanti”, oltre il livello che gli stessi Yes potevano raggiungere all’epoca (e che infatti dopo non hanno più raggiunto). E’ un album fortemente influenzato dalla presenza del tastierista Partick Moraz (unico disco in studio degli Yes in cui è presente), che stava portando la band in un territorio molto vicino alla nascente “fusion”, snaturandola forse un po’, ma dando una dimensione assolutamente improbabile, ma interessantissima, di cosa questi cinque musicisti avrebbero potuto fare “oltre” l’ambito strettamente prog-sinfonico. Da ascoltare se non si hanno preclusioni di sorta, e spesso anche se non si pensa che sono gli Yes

UMMAGUMMA – Pink Floyd (1969)
Non sono certamente legato ai Pink Floyd dei primi anni, tant’è che la scelta alternativa sarebbe stata “The Final Cut”, ma poi, anche qui dovendo indicare un solo titolo, ho scelto “Ummagumma”, del 1969. Il motivo è che sono fortemente attratto da due elementi che questa band era capace di padroneggiare in quegli anni: la capacità di improvvisare – di parlarsi musicalmente, di interagire in modo assolutamente proficuo – e quella di “destrutturare”, ovvero di ignorare le strutture, per farne qualcosa di assolutamente originale e “proprio”. In questo “Ummagumma” è davvero un disco da incorniciare, e c’è da imparare continuamente, sia dalla dilatazione dei brani proposti in chiave live, che dalle varie sperimentazioni in studio

PLAYING THE FOOL – Gentle Giant (1977)
Questo per me è “il” disco dal vivo per eccellenza. I Gentle Giant alla loro massima espressione, sebbene in cinque, funzionano addirittura meglio rispetto alla formazione a 6, più coesi, più determinati, ripropongono anche ri-arrangiamenti dei loro brani in versioni rimaneggiate e ancora più dirette e accattivanti rispetto a quelle in studio. Il polistrumentismo è espresso pure alla massima potenza: il gruppo diventa un’ensemble vocale su “On Reflection” fino a diventare un gruppo di percussionisti su “So Sincere”. Un gruppo in grado di suonare “tutto” ma soprattutto anche di comporre “tutto”. Imprescindibile

GUILTY – Barbra Streisand (1980)
L’album di “Woman in Love”, certo, e tanti hanno chiuso qui la loro relazione con questo disco. Ma c’è parecchio altro. Si potrebbe anche sostenere che è il migliore album dei Bee Gees, tanto forte è la loro presenza a livello di produzione e presenza vocale e compositiva. Ma anche così… non basta. Al di là delle doti vocali e interpretative della Streisand, che è una delle migliori cantanti che l’universo abbia mai visto, e spesso ce lo dimentichiamo, l’album è un continuo di cambi d’atmosfera ed esercizi di stile sempre con risultati eccellenti… andiamo dal funky di “Never Give Up” alla suite orchestrale in chiave commedia musicale “Make it like a Memory”, con musicisti del calibro di Steve Gadd, Richard Tee e tanti altri grossi nomi del pop e della fusion. E non dimentichiamo quello che è ritenuto da pubblico e critica specialistica uno degli assoli di chitarra più belli di tutti i tempi, quello di Pete Carr, proprio sull’ultima traccia

THE FOX – Elton John (1981)
I principali dischi di Elton John che mi hanno influenzato sono due: The Fox del 1981 e Friends (colonna sonora) del 1971. In entrambi è forte la presenza dell’orchestra, e nel secondo c’è la grande e determinante presenza di Paul Buckmaster, fondamentale arrangiatore dell’Elton John dei primi anni. Scelgo “The Fox” per tre elementi essenziali… un suono un po’ più moderno e ancora abbastanza “aggiornato”, un gruppo di musicisti stellari tra cui Jeff Porcaro, Ritchie Zito, Paulinho da Costa, e – ultimo ma decisamente non ultimo – la presenza di James Newton-Howard, in qualità di arrangiatore, tastierista e mente essenziale di questo progetto. Non fatevi “ingannare” dall’autore… ascoltatelo. Non ci sono grandi hit da questo album, perché è tutto da sentire

TIME CONTROL – Hiromi’s Sonicbloom (2007)
Qui possiamo solo inchinarci di fronte a Mozart, ovvero a colei che io ritengo essere quanto di più vicino a Mozart possiamo pensare ai giorni nostri. L’album, del 2007 è particolarmente impreziosito anche dalla presenza alla chitarra di David Fiuczynski (che è uno dei migliori talenti chitarristici odierni, l’unico in grado di “tenere testa” al fenomeno Hiromi sia in studio che a livello carismatico nelle esecuzioni dal vivo) e da un restante gruppo assolutamente d’eccezione (Tony Grey al basso e Martin Valihora alla batteria). E da non dimenticare le composizioni, che sono pure esempio assoluto di perizia tecnica, sensibilità, formazione, fantasia, esecuzione… Insomma, siamo molto molto vicino al concetto di “perfezione”. Forse nei dischi di Hiromi non c’è molta “filosofia” musicale, ma c’è tanta… tanta sostanza

INSIDE OUT – Chick Corea (1991)
Ecco, qui invece forse siamo ancora più vicini al concetto di “perfezione”, di cui si parlava prima. La “leggenda” narra che questo sia stato uno dei dischi dell’Elektric Band che ha richiesto meno tempo per essere composto. Chissà se è vero, fatto sta che l’impressione che se ne riceve è l’esatto opposto, sembra musica concepita per anni e anni, mentre invece ci sono altre due uscite (“Beneath the Mask” e “Eye of the Beholder”) molto vicine in termini temporali e anche di livello musicale molto simile. Un periodo d’oro, quindi, questo qui della Elektric Band, la formazione “classica” (Weckl/Patitucci/Gambale/Marienthal/Corea), che qui si esprime al suo massimo, sia nei deliri strumentali della suite “Tale of Daring” sia nelle profondità interpretative di “Child’s Play”. Questo è un disco davvero senza fondo. Indescrivibile e senza eguali. Cito tra parentesi altri dischi fondamentali di quegli anni di Chick Corea (nell’incarnazione “quartetto acustico” del 1996 e nella versione pre-Elektric Band del 1982): “Touchstone” e “Time Warp“. A mio parere fanno parte dello stesso percorso musicale e vi invito ad ascoltarli. Per capire come un confine possa essere ampliato e ridefinito… in modo che sembra anche semplice… ma che certamente non lo è… e da quei dischi non possiamo che arrivare indietro fino a Miles Davis, e probabilmente anche alla musica classica contemporanea di Bartok e Varese… E ho detto tutto.

WATERMARK – Enya (1988)
La fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 portarono alla luce tante perle interessanti, tanta nuova linfa che sarebbe arrivata fino ai giorni nostri… la Dave Mattews Band, i Living Colour… ma tra queste nuove interessanti realtà ne ricordo una in particolare: Enya. Cosa c’era di “nuovo” nella proposta musicale di questa artista irlandese? Forse nulla, a ben vedere, eppure la volontà di mescolare armonie vocali tradizionali e tecnologia, spunti classici e atmosfere new age, ha rappresentato in qualche modo una novità, al passo anche col momento musicale dell’epoca. Watermark è il disco “più perfetto” tra quelli del grande successo di Enya. La voce particolare, il tocco unico al pianoforte e alle tastiere, questa “single woman” che arrangia ed esegue quasi tutto in totale solitudine, sono tutti segni di grande fascino, oggi come allora

JAGGED LITTLE PILL – Alanis Morissette (1996)
Anche questa donna “particolare” va ricordata nel pop, in un pop che ha finito in qualche modo per interessarci, e che si pone nel solco di Elisa, Bjork, Edie Brickell, e altre grandi artiste che si sono imposte in quegli anni. Scelgo questo disco per due motivi essenziali: la personalità dell’interprete… Alanis, così spregiudicata, così diretta, così sguaiata… che alla fine si fa sentire quasi “per forza”, e la potenza degli arrangiamenti di Glen Ballard, che sono stati tratto distintivo per tanti altri artisti sia precedenti che successivi. I brani sono tutti riusciti, originali, diretti, asciutti, ma proprio per questo ricercati e pensati, certamente tantissimo. Veramente uno sguardo diverso sul mondo, specialmente per chi quel mondo lo frequenta poco. Successivamente Alanis ha voluto distaccarsi dal suo “mentore” Ballard, producendo altre prove interessanti, ma mai potenti come questa prima (che in realtà è la sua terza se consideriamo i primi lavori adolescenziali). A dimostrazione che il lavoro di team rappresenta sempre una forza

IF SUMMER HAD ITS GHOSTS – Bill Bruford (1997)
Quest’uomo ha davvero influenzato la mia vita musicale, quindi era impossibile non citarlo, ma cosa scegliere? Il periodo Yes? Il periodo Crimson? Il pure interessante breve periodo Genesis? E gli UK? Le collaborazioni? Insomma… che fare con costui?? Scelgo quindi uno dei dischi “unici” che ha fatto, con una formazione che non si è ripetuta, e che non si ripeterà (anche perché Bruford ha pensato bene dopo tutte queste cose di mettersi in pensione), perché è davvero un disco “sui generis”, dove creatività, collaborazione, intuizione, raggiungono il loro massimo. E’ un disco quasi del tutto acustico, al quale prendono parte in modo attivo altri due grandissimi come Ralph Towner (chitarra e pianoforte) ed Eddie Gomez (basso)… Forse la vetta raggiunta da Bruford, l’opportunità di poter suonare, creare con questi altri grandi artisti e condividere tutte le passioni, per il ritmo (e il poliritmo) ovviamente, ma anche per la melodia, per le soluzioni armoniche particolari, e tutto si compone in questa gemma, che non è esaustiva per capire questo batterista-compositore, ma è certamente un picco da cui non si può prescindere

Tags: , , , , , , , , ,


Articolo a cura di



Lascia un commento