Pubblicato il Settembre 6th, 2016 | by Paolo Formichetti
0Änglagård – Viljans Öga (2012)
1.Ur Vilande
2. Sorgmantel
3. Snårdom
4. Längtans Klocka
Etichetta Änglagård Records
Durata 57’30”
Jonas Engdegård (guitars) ● Thomas Johnson (piano, Mellotron, synth) ● Anna Holmgren (flute, saxophone) ● Johan Brand (bass, Taurus) ● Mattias Olsson (drums)
All’inizio degli anni ’90, in un periodo in cui il new prog inglese mostrava la corda, le band storiche erano a dir poco appannate e le scene più esotiche riuscivano con difficoltà a farsi conoscere. Le papille gustative dei progster vennero titillate dalle sonorità malinconiche e autunnali o dalle aspre dissonanze di varie band provenienti dalla Svezia: tra queste, gli Änglagård, nonostante due soli lavori in studio, furono probabilmente i più apprezzati e vennero di certo assai rimpianti dopo il loro scioglimento. Per tali motivi il cuore dei fan ha avuto un sussulto quando qualche anno fa è arrivata l’attesa reunion, con nuove esibizioni live ed esecuzione di brani inediti. Il resto, come si suol dire, è storia: ora finalmente, a ben 18 anni di distanza dal precedente, esce il terzo lavoro della band svedese. Con grande sollievo, a partire dal bellissimo e malinconico artwork, tutto appare nel segno della continuità: il tempo sembra essersi fermato per i nostri, anche se va registrata la defezione di Tord Lindman. Ciononostante gli Änglagård colpiscono decisamente nel segno, realizzando il disco che probabilmente gli appassionati si aspettavano. Interamente strumentale, Viljans Öga contiene tutti gli elementi tipici dell’Änglagård-sound: echi di Genesis e King Crimson ma anche di gruppi meno noti come Cathedral e Shylock, alternanze impazzite tra momenti melodici e pacati e improvvise, furiose cavalcate strumentali, arrangiamenti cervellotici con melodie e arpeggi che si intrecciano su partiture ritmiche irregolari e continuamente cangianti. Le quattro lunghe suite, interamente strumentali, sono intense, emozionanti, cesellate nei minimi dettagli, con una cura (o forse una maniacalità) veramente straordinarie, a dimostrazione dell’eccezionale affiatamento tra i vari membri della band. Il dinamismo dei brani è spinto ai massimi livelli, il tono è tetro e drammatico con inaspettate aperture solari, alle volte addirittura circensi, come nel curioso finale dell’ultima traccia. Il giudizio su questo ritorno degli Änglagård è in definitiva decisamente positivo: sicuramente negli ultimi anni in ambito prog non sono molti i dischi che possono reggere il confronto con un lavoro simile.