Pubblicato il Aprile 18th, 2021 | by Antonio De Sarno
0Lana Del Rey – Chemtrails Over The Country Club (2021)
1. White Dress
2. Chemtrails Over The Country Club
3. Tulsa Jesus Freak
4. Let Me Love You Like a Woman
5. Wild at Heart
6. Dark But Just a Game
7. Not All Who Wander are Lost
8. Yosemite
9. Breaking Up Slowly
10. Dance Till We Die
11. For Free
Etichetta Polydor/CD
Durata 52’51”
Lana Del Rey (vocals) ● Jack Antonoff (piano, guitar, bass, mellotron, keyboards, percussion) ● Daniel Heath (strings on track 2) ● Evan Smith (horns, accordion) ● Rick Nowels (guitars, keyborads and Mellotron) ● Aaron Sterling (drums and percussion on track 8) Nikki ● Lane, Weyes Blood e Zella Day (additional vocals)
Premessa: chi scrive ritiene i dischi della cantautrice newyorkese essenziali per comprendere il senso della musica di questo nuovo millennio, soprattutto quella proveniente dagli Stati Uniti. Nonostante la bella produzione e la quantità impressionante di dischi venduti, la Nostra riesce ogni volta a comunicare un senso di intimità, confezionando album che sono da considerare esattamente allo stesso modo di quelli venerati degli anni ’70.
CHEMTRAILS OVER THE COUNTRY CLUB arriva a pochissimo tempo da un audiolibro (VIOLET BENT BACKWARDS OVER THE GRASS) e a meno di due anni da NORMAN FUCKING ROCKWELL, che rimane il suo lavoro più riuscito e completo. Poco pop e con tanta voglia di sperimentare e creare mondi sonori, come dei piccoli film, questo nuovo lavoro è appena sotto il precedente, ma senza nulla togliere al talento dell’artista. Canzoni come l’iniziale White Dress vedono l’esplorazione di nuovi approcci vocali e una batteria spazzolata che copre appena l’accompagnamento musicale, al limite dell’evanescenza, come nella successiva title track, che prosegue il viaggio, per lo più acustico, attraverso luoghi che hanno qualcosa di linchyiano. Co-autore, come nel precedente album, Jack Antonoff, il quale ha suonato gran parte degli strumenti. Certo che i primi secondi di Dark But Just a Game colpiranno in maniera particolare chi segue un certo gruppo di Oxford…
L’intero lavoro sembra, ironia della sorte, vista la pandemia, un lungo viaggio immaginario attraverso il nord America, laddove i dischi precedenti sembravano seguire le vicende di personaggi decadenti e condannati. L’unica eccezione in questo disco molto intimista si colloca proprio alla fine: la cover di For Free di Joni Mitchell, momento corale che vede la partecipazione di altre due promesse della canzone americana, Zella Dey e Weyes Blood, che qualcuno ricorderà per aver aperto i concerti di Father John Misty in Italia.
E’ inutile, anche questa volta l’arte si perde dentro l’artista e ne diventa parte integrante, senza volersi concedere minimamente ad esigenze commerciali che la vorrebbero trasformare in qualcosa che speriamo non diventi mai. Intanto non possiamo fare altro che aspettare il primo giugno e l’uscita del nuovo album, ROCK CANDY SWEET, sperando che tanta prolificità sia segno di grande ispirazione.