Pubblicato il Settembre 5th, 2016 | by Roberto Paravani
0Theo Travis’ Double Talk – Transgression (2015)
1. Fire Mountain
2. Trangression
3. Smokin’ At Klooks
4. Song For Samuel
5. Everything I Feared
6. Maryan
7. A Place In The Queue
8. The Call
Etichetta Esoteric Antenna/CD
Durata 54’38”
Theo Travis (sax, flute) ● Nic France (drums) ● Mike Outram (guitar) ● Pete Whittaker (Hammond organ)
In molti, abbiamo imparato ad apprezzare Theo Travis tramite la sua presenza nei dischi e nei tour da solista di Steven Wilson, visto che i suoi interventi ai fiati hanno aggiunto ricchezza e colorato di jazz le già sostanziose composizioni del genio scalzo. In realtà questa non è che la punta dell’iceberg di una carriera densa di numerosissime registrazioni effettuate sia da session-men, sia da co-leader (da ricordare soprattutto quelle con Robert Fripp) sia da leader vero e proprio, passando con estrema duttilità dal jazz al progressive, fino alla musica ambient. Proprio come band-leader, nel 2007 Travis aveva pubblicato un disco a suo nome intitolato Double Talk, che vedeva protagonista una formazione quasi identica a quella che ora troviamo in questo nuovo lavoro. Del (fantastico) album di otto anni or sono, però, è sparita quasi del tutto la matrice ambient che lo caratterizzava. In Transgression il quartetto esegue otto composizioni strumentali che possono essere etichettate come fusion o meglio ancora, come un jazz contemporaneo dai toni scuri, anche se non mancano di certo sapori che riportano ai numerosi dischi di rock progressivo a cui ha partecipato il fiatista inglese. Lontani echi di King Crimson e Pink Floyd arricchiscono un jazz semi-acustico in cui l’assenza del basso è compensata dal lavoro discreto e caldo all’Hammond di Pete Whittaker. La parte del leone è come ovvio appannaggio di Travis, che con sax e flauto si incarica di tratteggiare quasi tutte le numerose e mai banali melodie. Spettano a lui anche molti soli, sempre eleganti e mai forzati, ma molto spazio è affidato alla chitarra elettrica di Mike Outram, una sorta di contraltare torrenziale e spigoloso al lavoro del leader. Tra le composizioni va assolutamente citata la suite che da il titolo al lavoro, in cui si fondono più temi molto ispirati e si alternano atmosfere diverse. Ma anche la seguente Smokin’ At Klooks, visto che si tratta di una sorta di seguito di Black Magic Woman – pezzo conosciuto nella versione dei Santana ma scritto da Peter Green per i “suoi” Fleetwood Mac – un geniale plagio fatto senza rubare una sola nota. Maryan invece è una vera e propria cover di Robert Wyatt (che però l’aveva già rubata a Philip Catherine), mentre A Place in the Queue riprende il tema della suite pubblicata con i Tangent nell’omonimo album del 2006.