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Pubblicato il Settembre 1st, 2016 | by Lorenzo Barbagli

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Tesseract – Polaris (2015)

Tracklist

1. Dystopia
2. Hexes
3. Survival
4. Tourniquet
5. Utopia
6. Phoenix
7. Messenger
8. Cages
9. Seven Names

Etichetta Kscope/CD

Durata 46’40”

Personell

Acle Kahney (Guitar) ● James Monteith (Guitar) ● Jay Postones (Drums) ● Daniel Tompkins (Vocals) ● Amos Williams (Bass)

Con due album e un EP alle spalle, i Tesseract hanno già una travagliatissima storia per quanto riguarda il ruolo di cantante. L’ultimo colpo di scena è arrivato insieme alla notizia di un terzo album (questo) in cantiere con il clamoroso, quanto inaspettato, ritorno del “figliol prodigo” Daniel Tompkins a riprendersi il suo posto dietro al microfono. Tompkins era colui che mise a disposizione le proprie doti vocali ai soundscapes metallici e psichedelici messi in atto dai Tesseract nel loro esordio One, diventato poi uno dei primi capisaldi del cosiddetto movimento djent. Dopo Tompkins arrivarono, in ordine di tempo, Elliot Coleman (che abbandonò per motivi logistici in quanto statunitense) seguito da Ashe O’Hara con il quale la band ha realizzato l’insipido secondo album Altered State. Con Polaris i Tesseract spazzano via quanto fatto sinora, realizzando un disco affascinante, che ammalia per le costanti e impalpabili sonorità che potremmo definire come metal zen. Intanto la nota gradita è che i TesseracT e Tompkins hanno deciso di non ricorrere ai growl che erano parte integrante di One e che già con Coleman e O’Hara erano scomparsi. Poi l’impressione è che abbiano intensificato il suono degli strumenti a corda per risaltare l’interplay tra basso e chitarre con il risultato di sembrare aggressivi e potenti anche senza l’uso di particolari distorsioni. Infine si sarà notato come la musica della band possa vivere di vita propria in due distinti formati: quello strumentale e quello cantato. Mai come in questa occasione si può godere dei tappeti strumentali che si dispiegano ai piedi delle corde vocali di Tompkins. Le sonorità elastiche delle chitarre di Kahney e Monteith e il basso di Williams, insieme alla batteria geometrica di Postones, danno vita a degli impasti gelidi eppure coinvolgenti. Quella di Polaris è una specie di new age metal che si insinua, si trasforma e cresce, attraversando vari umori. E così ogni brano procede e prende forma in modo inaspettato, con cambi tematici non propriamente repentini, ma naturali.

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