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Pubblicato il Agosto 26th, 2016 | by Paolo Carnelli

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Paolo “Ske” Botta (Not a Good Sign, Yugen, solo artist)

Paolo “Ske” Botta è un gigante. Non solo perché è alto quasi due metri, ma soprattutto perché è un gigante delle tastiere: organi, piani elettrici, sintetizzatori, string machines ed effetti vari passano sotto le sue mani e si trasformano in suoni, vibrazioni, spesso arrivando fino all’ascoltatore in maniera imprevedibile e imprevista. Attualmente colonna portante dei Not A Good Sign, con cui ha appena pubblicato il secondo lavoro, ma anche di Yugen con cui sta perfezionando il nuovo album previsto per l’autunno del 2015, senza dimenticare l’ottimo esordio solista con “1000 autunni” del 2011. More info: www.notagoodsign.org

YS – Il Balletto Di Bronzo (1972)
Disperato e claustrofobico, mi ha stregato sin dal primo ascolto. Tastieristicamente clamoroso, armonicamente coraggioso, timbricamente interessante. E non finisce qui. Se non si fosse capito, il mio disco °prog° preferito di sempre

IO SONO NATO LIBERO – Banco Del Mutuo Soccorso (1973)
Un album complesso, affascinante ma al contempo accessibile, pieno di significato. Il disco preferito del mio gruppo preferito, semplicemente irrinunciabile per troppi motivi

PAWN HEARTS – Van Der Graaf Generator (1971)
Un disco che non ho capito subito, di un gruppo che non ho capito subito. Troppo diversi dal prog italiano che ascoltavo in quel periodo, poche melodie veramente cantabili, suoni grezzi, tanti rumori non facilmente catalogabili, testi sfaccettati. Quanto basta per rendermeli irresistibili, un amore di quelli che durano

LIGHT AS A FEATHER – Chick Corea And Return To Forever (1973)
Morbidezza e groove. Suonato fantasticamente, un bell’equilibrio tra generi e una sorta di “sobrietà” che forse è venuta a mancare in altri dischi del buon Chick. Ma soprattutto un suono di Fender Rhodes da lacrime di gioia

HEX – Bark Psychosis (1994)
Melanconico, penetrante, introspettivo e lucidamente allucinato. Un bellissimo esempio di come si possa giocare e destrutturare il rock fino a renderlo – quasi – altro. E poi dovrà pur piovere su quest’isola deserta. Quando accade, questo è il disco giusto

LEG END – Henry Cow (1973)
Un incontro fulminante, tardivo e per molti versi illuminante. Le intuizioni del fantastico Soft Machine-3rd nel primo passo di maturazione per una band irresistibilmente “contro”

LE SACRE DU PRINTEMPS – Igor Stravinskij (1913)
Rivoluzionaria ed emozionante, una scrittura complessa e adrenalinica che ha fatto storia. Ho passato vari stadi di relazione con questa composizione, il che forse la rende per me più importante di altre. In ogni caso sarebbe perfetta per le notti danzanti attorno al fuoco sulla nostra isoletta

ACQUIRING THE TASTE – Gentle Giant (1971)
Altra band dalla personalità musicale eterogenea ma assolutamente riconoscibile, funambolici ed intelligenti, una delle mie più profonde influenze, sempre e comunque

THE ROTTER’S CLUB – Hatfield and the North (1975)
Mirabile equilibrio tra leggerezza/spensieratezza e cerebralità/nonsense. Il disco che per quanto mi riguarda riassume meglio il genere °Canterbury°, mi colpisce sempre come può essere facilmente apprezzato a più livelli, sia di cuore che di testa

SINFONIA N.9 – Ludwig Van Beethoven (1824)
Forse l’unica vera risposta alla domanda che ci facciamo tutti

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