Pubblicato il Luglio 3rd, 2018 | by Antonio De Sarno
0Il fortunato debutto dei Gastone
Il duo dei Gastone, Leonardo e Marco, di Gabicce, colpisce subito per la giovanissima età: nessuno dei due arriva a venticinque anni. Eppure hanno realizzato un album di una qualità davvero sorprendente, sospeso tra il pop etereo e il progressive più intrigante. Vederli dal vivo, poi, è stata una vera rivelazione. Scompare il sound patinato da studio ed emerge una band capace di fare molto, ma molto rumore. Il nostro incontro avviene sul prato dell’Idroscalo di Milano in occasione del loro invidiabile set in apertura della kermesse musicale, MiAmi.
Il vostro album è una vera anomalia nella discografia italiana: un disco assolutamente fuori dagli schemi. Come è nato?
Leonardo: Un po’ per caso, ci conoscevamo da quattro anni e abbiamo fatto qualche jam insieme, di solito in campagna. Abbiamo registrato il disco senza nessuna intenzione di pubblicarlo.
Marco: E’ nato più come jam session in realtà…
Leonardo: Però era venuto molto bene e abbiamo conosciuto due ragazzi della Mattonella Records di Roma che hanno voluto pubblicarlo. Diciamo che è andato molto meglio di quanto potessimo sperare.
Il disco è uscito nel novembre del 2017…
Leonardo: …ma abbiamo cominciato a scrivere un anno prima, lo abbiamo registrato nel dicembre del 2016 e poi congelato per un bel po’. L’abbiamo composto in un periodo di tre mesi. Siamo abbastanza atipici perché in teoria io sarei il batterista ma dal vivo suono la chitarra e canto. Sul disco ho fatto tutti e tre.
Marco: Io avevo già delle parti strumentali scritte, ma Leonardo le ha un pò raddrizzate che erano un po’ matte, in effetti.
Domanda di rito su quello che avete ascoltato e continuate ad ascoltare, immagino una lista infinita, ma il fatto che abbiate infilato una tostissima 21st Century Schizoid Man nella vostra scaletta in un festival fondamentalmente di musica leggera vi rende degli eroi in carne ed ossa!
Leonardo: Forse farei prima a dire cosa non ascolto! Do una risposta che mi sta uno’ sul cazzo, però mi viene da dire: “di tutto”! Quando ci fu proposto il disco era appena uscito il disco degli Alcesti (formazione post rock italiana, ndr) e ascoltavo quello ma poi Queens of The Stone Age e Nick Cave, che è un idolo assoluto. Nella mia playlist su Spotify ci sono Steven Wilson, Gentle Giant, Zappa, Moodog… anche i Nine Inch Nails, Late For The Pier e i Crystal Castles…
Marco: Faccio il conservatorio quindi la classica e il progressive, con un po’ di math rock. Mentre facevamo il disco non ho ascoltato molta musica e ho usato delle accordature aperte. E’ stato come imparare lo strumento per la prima volta senza avere delle note scritte. Immagino che ascoltassi molto progressive mentre registravamo.
Leonardo: Nelle jam suonavo la batteria e registravamo tutto con un otto tracce, io che studio a Bologna, mi ascoltavo il risultato e registravo le voci in camera mia. Quando i pezzi cominciavano a prendere una struttura un po’ più consolidata, facevamo un po’ di produzione. Alle fine facciamo sì pop, ma con tempi composti e armonie poco tradizionali.
Marco: Non si sa mai come potrà svilupparsi un nostro pezzo, non ci poniamo il problema strofa/ritornello che poi è un limite enorme.
Ho notato anche una buona dose di umorismo nei vostri pezzi…
Leonardo: Abbiamo giocato abbastanza con l’auto ironia, anche nei video. Abbiamo approfittato per fare vedere la nostra città e il mio cane, che si chiama Gastone!
Non ti posso fare domande sul nome adesso!
Leonardo: E’ un husky di quindici anni incrociato con chissà cosa, gli vogliamo molto bene.
Tornando al disco, come fate a riprodurlo dal vivo senza un tastierista?
Martino: Ma non ci sono tastiere neanche sul disco! E’ una cosa che inganna molta gente, anche nelle recensioni. Quei suoni che si sentono sul disco sono la chitarra. il synth l’abbiamo usato per le parti di basso. Non esiste il basso. Quando possiamo portiamo un violinista nei live (una bestia che si chiama Edoardo Brandi) e che suona con diverse orchestre.
Usa pedali per gli effetti?
Martino: No, fa il violinista classico e ha una cultura musicale molto ampia, al punto di approcciarsi al pop.
Adesso dovrei chiedervi una cosa che, vista l’età, potrebbe anche non avere molto senso. Qual è stato il primo disco che avete acquistato?
Martino: Me lo ricordo ancora, invece, anche perché l’ho rubato dal negozio di dischi di mio padre quando avevo otto anni: KETCHUP SUICIDE della Linea 77.
Leonardo: Comprato con i miei soldi, invece, THE GREAT SOUTHERN TRENDKILL dei Pantera. L’ultimo invece (forse) Steven Wilson, ma la musica quasi sempre l’ascolto in streaming.
Martino: Il primo disco per me è stato FAVOURITE WORST NIGHTMARE degli Arctic Monkeys, quello mi è piaciuto veramente tanto anche per via dei sedicesimi del batterista, sono proprio cresciuto con loro durante l’adolescenza. I Verdena invece tra i gruppi italiani.
Vi considerate, in qualche modo, mainstream?
Leonardo: Bho. Mi ha un po’ stancato la scena di nicchia, anche se continuo a seguire gruppi come gli Zeus e altri. La scena Jazzcore.
Martino: A me piace Giorgio Poi e Generic Animal (entrambi presenti al festival ndr) tra le nuove proposte ma anche cose tipo Miss Keta e Fabri Fibra!
Leonardo: Ketama 126 mi è piaciuto molto ultimamente, se no la trap.
E adesso?
Martino: Siamo fermi, cominceremo a comporre a settembre perché, si sa, la fine dell’estate porta sempre ispirazione. Facciamo con calma. Lo stile del primo disco parte dalla chitarra e questa cosa ci sarà sicuramente nel prossimo. Negli arrangiamenti ci sarà quello che avremo assorbito nel frattempo. Nel registrare il primo album sono stato molto al servizio dei pezzi, quasi legato.
Leonardo; Sono stato molto calmo. Il live cerca di essere il più sporco possibile. io che non sono un chitarrista, la chitarra più che suonala la percuoto. Le cose precisine mi stancano dopo un po’.
Come mai fate 21st Century Schizoid Man dal vivo?
Leonardo: Eh quella lì è diciamo colpa mia, a me piacciono molto i King Crimson e durante qualche jam spuntava fuori il riff. Allora l’abbiamo ri-arrangiata e abbiamo deciso di eseguirla dal vivo
Avete in mente di fare altre cover dal vivo?
Martino: Di solito facevamo una cover di Nada, Senza un Perché, quella più famosa, nei live in cui finivamo tutto e ci chiedevano un bis. Magari faremo una cover di Ketama.
Questo è un festival cosiddetto indie, per voi cosa vuol dire indie?
Martino: Per me la giornata indie è la seconda, quella del 26 maggio, questa è quella it-pop, è anche per questo che ha fatto sold out. Anche a noi mettono in quel filone in cui ci riconosciamo per metà, magari per alcune sonorità. Però abbiamo una attitudine molto diversa da quello che viene definito it pop, che ha una posizione sul palco statica, spesso una determinata situazione di accordi. Comunque non è male, e a noi fa comodo essere associati, comunque a una scena. Mi sembra però che ci sia una sorta di saturazione…