Pubblicato il Giugno 25th, 2018 | by Lino Carfagna
0Steve Hackett – Voyage of the Acolyte (1975)
Tracklist
Lato A
1. Ace of Wands
2. Hands of Priestess (part.I)
3. A tower strock down
4. Hands of Priestess (part.II)
5. The Hermit
Lato B
1. Star of sirius
2. The Lovers
3. Shadow of The Hierophant
Personell
Steve Hackett (electric & acoustic guitar, mellotron, bells, autoharp, vocals on The Hermit) ● Phil Collins (drums, percussion, vibes, backing vocals on Star of Sirius) ● John Hackett (flute, harpsynthesizer, bells) ● Mike Rutherford (bass guitar, bass pedals, 12-string guitar) ● John Acock (synthesizer, harmonium, mellotron, piano) ● Sally Oldfield (voice on Shadow of the Hierophant) ● Nigel Warren-Green (cello on The Hermit) ● Robin Miller (oboe, cor anglais)
E’ il 1975 quando Steve Hackett, mentre è ancora un membro effettivo dei Genesis, pubblica VOYAGE OF THE ACOLYTE. Quest’opera prima risente palesemente della militanza pluriennale del Nostro nel gruppo inglese (non a caso alle session partecipano altri due componenti della formazione, Phil Collins e Mike Rutherford) e rimane a tutt’oggi, a mio avviso, uno dei lavori migliori della sua discografia. Anche la copertina dell’album è, per così dire, di chiara matrice “genesisiana”, con un dipinto molto evocativo di Kim Poor, l’artista brasiliana già coinvolta nella realizzazione della copertina di SELLING ENGLAND BY THE POUND dei Genesis e all’epoca compagna di Steve. In questa prima fatica solista di Hackett emergono perle di assoluto valore, a cominciare da Star of Sirius, brano che sembra uscito direttamente da un album dei Genesis degli anni ’70 e che inserirei sicuramente tra i miei preferiti. Decisamente intrigante e memorabile anche la lunga Shadow of the Hierophant (durata 11:44) impreziosita dalla bellissima, incantevole voce di Sally Oldfield, sorella del più noto Mike (quello delle campane tubolari) e ulteriormente dilatata nella riedizione del disco del 2005. Questo piccolo gioiello, dalle atmosfere eteree e sognanti, evidenzia una struttura musicale tipicamente progressive, con il susseguirsi di parti cantate e improvvise aperture di chitarra e tastiere che ne fanno quasi una partitura di stampo classico. La formazione musicale di Hackett, d’altronde, contiene in sé influenze blues ma anche marcatamente classiche. Basti pensare ad Horizons, brano d’apertura della suite Supper’s Ready contenuta in FOXTROT, quarto album dei Genesis, vagamente ispirato al primo movimento della suite per violoncello solo di Bach BWV 1007.
Continuando nell’analisi di VOYAGE OF THE ACOLYTE, è impossibile non citare The Hermit, brano dal testo deliziosamente poetico cantato da Hackett stesso con un timbro di voce profondo e assolutamente personale, e The Lovers, una sorta di intermezzo musicale della durata di appena 1:50 affidato ad un delicato arpeggio di chitarra che ricama una soave melodia. Mi preme ricordare anche Ace of Wands che apre l’intero album, pezzo di immediato e forte impatto emotivo, dall’incedere estremamente coinvolgente, in cui Hackett fa sfoggio della sue indubbie e collaudate qualità chitarristiche. Credo, concludendo, che il Viaggio dell’Accolito, questa la traduzione italiana del titolo (con un vago riferimento, pare, all’interpretazione esoterica dei tarocchi) resti a buon diritto il disco che meglio rappresenta l’anima progressive di Steve Hackett, quello che i seguaci più accaniti come me di questo genere musicale ricorderanno a lungo nel tempo come il più sinceramente ispirato dell’artista britannico.