Pubblicato il Giugno 6th, 2018 | by Paolo Carnelli
0Il “ritorno a casa” del Banco
Venerdì 8 giugno il Banco del Mutuo Soccorso torna a suonare a Roma dopo tre anni. Una pausa ovviamente non voluta né cercata, ma semplicemente imposta dal corso degli eventi, che negli ultimi anni non sono stati certamente benevoli con la storica band di Marino. Il ritorno si consumerà in un live club, il Kill Joy, strategicamente posizionato proprio a metà strada tra la Capitale e i Castelli. Probabilmente si starà un po’ stretti, ma la vicinanza degli amici e degli appassionati aiuterà sicuramente Vittorio Nocenzi a dare nuova forza a quella “idea che non puoi fermare”, come ha definito lui stesso il Banco. Abbiamo chiesto a Filippo Marcheggiani, chitarrista della band dal lontano 1994, di raccontarci come si sta preparando il gruppo a questo importante “ritorno a casa”…
Che aria si respira nella band in avvicinamento all’evento di venerdì 8 giugno?
Devo dire che all’interno del gruppo c’è un clima molto positivo, in generale, perché ci divertiamo molto insieme e questo contribuisce a rendere ogni cosa più leggera. Inutile dire che siamo emozionatissimi di suonare di nuovo a Roma dopo tre anni di assenza. Viste le molte cose che sono successe nel frattempo – la maggior parte brutte e dolorose, purtroppo – ne sembrano passati dieci.
Presentaci la line up attuale del gruppo…
Premessa: ogni elemento del nuovo Banco AMA visceralmente il Banco da sempre. Vittorio e io su questo aspetto siamo stati molto chiari, e con questo desiderio di condividere l’amore per il Banco abbiamo raccolto i migliori compagni di viaggio con cui proseguire il cammino. Ometto il fatto che sono tutti dei grandi strumentisti e professionisti, perché è scontato che il solo amore non basti per suonare i brani del Banco! Alla batteria c’è Fabio Moresco, batterista storico dei Metamorfosi. Si è calato nel ruolo con umiltà ed entusiasmo come un ventenne, e i risultati sono altrettanto entusiasmanti. È un amico da sempre del Banco e di Francesco e questo lo rende ancora più allineato al sentimento musicale e umano di questa band. Al basso c’è Marco Capozi, ex bassista del Balletto di Bronzo, un gran suono e un bellissimo bagaglio di esperienze, anche internazionali. Lo definirei un Dandy dello strumento, e non solo! All’altra chitarra c’è Nicola Di Già, ormai un veterano al quinto anno di militanza: siamo molto compatibili, nel senso che ci completiamo sia come sound che come stile. Nico, come Marco, musicalmente è un figlio degli anni 80 (quelli buoni!) e questo fa si che il suono del Banco non sia dominato in modo assoluto dai miei power chords da vetero-mettallaro anni 90! Per la gioia di Vittorio…Chiudo con la new entry per voi, perché per me è un Fratello da vent’anni, ed è sempre stato parte della mia famiglia: Tony D’Alessio è… Tony D’Alessio! Verrete, lo ascolterete, magari ci parlerete e capirete da soli perché LUI è il nuovo cantante del Banco.
Dopo Vittorio Nocenzi, tu sei attualmente il musicista che ha fatto parte della band per più tempo: senti un po’ il peso di questa responsabilità?
Più che il peso, sento e ho questa responsabilità, non come un onere ma piuttosto un Onore. Anche i nuovi elementi fanno molto riferimento a me, nonostante resti ancora il più giovane, anagraficamente parlando! Scherzi a parte, quando decidi di mantenere questo percorso vivo e guardare ancora avanti, non puoi che farti carico del peso e delle responsabilità di una storia così lunga e importante come quella del Banco. Dopo quasi 25 anni ormai tra me e Vittorio c’è un’affinità e una congruenza di vedute incredibile, quindi mi sento importante e funzionale al nuovo Banco, conoscendo bene e avendo vissuto sulla pelle ciò che è stato, e sapendo quello che inevitabilmente sempre sarà per i fans e per la storia della musica.
La tua collaborazione con il Banco è iniziata nel 1994… come è avvenuto il vostro incontro?
E’ avvenuto così: ero studente di liceo, il Banco stava registrando Il 13 e Vittorio chiamò il coro di Marino a registrare dei cori per il disco. Io in realtà non facevo parte di quel coro, ma gravitavo in quell’orbita e mi coinvolsero in questa esperienza sapendo di poter far leva su di me per poi portarmi con l’inganno a fare parte del coro, cosa che peraltro poi ho fatto con molto piacere. Dopo aver inciso questi cori, io e il mio amico Emiliano Branda parlammo con Vittorio. Con Emiliano avevamo una band di musica originale, e avevamo appena registrato un demo tape che ci era costato una cifra esorbitante, con la quale probabilmente oggi ci si potrebbe produrre un disco. Andammo da Vittorio con questo DAT e gli facemmo ascoltare il lavoro. Vittorio era molto sensibile ai giovani e in particolare ai giovani marinesi: lo ascoltò con attenzione, ci fece degli appunti e dei complimenti e fu molto carino con noi. Questa esperienza si concluse nell’arco di due o tre giorni, dopo di che un paio di mesi dopo, Vittorio ci chiamò per fare il primo ascolto del disco finito, nella casa che aveva nelle campagne tra Genzano e Velletri, dove c’era tra l’altro la sale prove del Banco. In quell’occasione il Banco aveva inserito un secondo chitarrista di supporto a Rodolfo, che era Max Smeraldi, un chitarrista molto bravo di estrazione heavy rock, quindi molto vicino anche alle mie corde. Alla fine dell’ascolto feci i complimenti a Vittorio e gli dissi “mi raccomando dal vivo andate con le due chitarre” e lui mi rispose molto sinceramente che c’erano un po’ di problemi, e che forse Max non sarebbe stato disponibile per la tournée. A quel punto io con la sfrontatezza e l’incoscienza propria dei diciotto anni gli dissi che se avessero fatto delle audizioni mi avrebbe fatto piacere provare. Questa audizione arrivò un mese dopo e così il primo novembre del 1994 mi ritrovai a fare le prove con il Banco del Mutuo soccorso per il nuovo tour.
Cosa ricordi dell’esperienza col Banco in acustico?
Ricordo che fu colpa mia, lo ammetto (ride). In realtà il tour acustico era un’idea che gravitava nell’orbita Banco già nella prima estate che passai in tournée con loro. All’epoca frequentavo un locale di Marino dove si faceva live music, e loro giustamente mi chiedevano sempre di fare qualcosa con il Banco. Così senza nessun imbarazzo proposi agli altri di fare un concerto acustico e fu un successo clamoroso, con il tutto esaurito, la gente rimasta fuori, e da questa cosa poi è nata la tournée acustica vera e propria. Devo dire che di concerti acustici ne abbiamo fatti molti ed è stato un momento molto bello, che ci ha permesso di riprenderci i locali e i luoghi dove un concerto elettrico del Banco non era proponibile. Però ti dico sinceramente che quella acustica è una parentesi che credo si sia esaurita nel modo giusto. La dimensione elettrica è quella che preferisco.
Qual’è il brano che ti emoziona di più suonare dal vivo con il Banco?
Ultimamente Canto Nomade per un Prigioniero Politico: il testo mi attraversa letteralmente! Sarà anche per la “full immerison” che abbiamo fatto in occasione della ri-pubblicazione di “Io Sono nato Libero!” che considero un disco straordinario per la forza dei testi. Musicalmente Canto Nomade è un brano che devi suonare, dalla prima all’ultima nota, “DE CORE” altrimenti lo massacri!
Com’è la musica del Banco vista dall’interno, dal punto di vista di chi la suona sul palco?
La musica del banco è un fantastico intreccio di suoni, di note e di suggestioni, che a volte non sono nemmeno raffigurabili in una partitura ideale. Di queste suggestioni si nutre e si alimenta l’impatto finale, sono la chiave affinché arrivi quello che il Banco vuole far arrivare a chi lo sta ascoltando. Solo alla fine di ogni pezzo, quando c’è l’applauso del pubblico, ti ritrovi e ti rendi conto di quello che hai fatto, perché prima sei totalmente preso dalla tua performance, è un repertorio che non ti lascia veramente spazio, non lascia spazio a nessuna distrazione. Sul palco siamo sempre molto concentrati, le nostre parti sono molto strutturate e pensate, elaborate su una serie di piani differenti.
Con i tuoi EFFEMME hai pubblicato due ottimi album, l’ultimo alla fine del 2016, nel quale è presente anche un brano (Buonanotte) scritto a quattro mani con Francesco Di Giacomo: ci vuoi regalare qualche ricordo di questa collaborazione?
Collaborazione è un termine troppo arido. Francesco era un padre per me, semplicemente io chiedevo una mano e lui scattava, come fanno i padri o comunque le persone che ti vogliono bene. Quel brano è l’ultima cosa che ci ha fatto mettere seduti a un tavolo da soli, io e lui. È un ricordo indelebile, come tutti i momenti che abbiamo passato insieme grazie o con la scusa della musica.
Quando hai preso la tua prima chitarra in mano?
Mi raccontano che a due anni con la chitarra acustica di mia zia mi mettessi in balcone a scimmiottare Celentano, ahimè ho questa macchia indelebile, con il suo Yuppi Du: credo che quello sia stato il primo momento in cui ho imbracciato una chitarra. Poi ho iniziato a suonare veramente all’età di undici anni, con la classica cuginetta che andava dalle suore a imparare gli accordi e aveva questa chitarra molto bella, una Giannini classica, su cui ho iniziato a mettere le mani sopra. Tra l’altro io mancino ho iniziato da destro e poi questa cosa mi è rimasta: l’unica cosa che so fare da destro è suonare la chitarra.
Quali sono stati i chitarristi che hanno influenzato maggiormente il tuo modo di suonare?
Ce ne sono tanti: oggi mi sento di ringraziare tutto quello che le mie orecchie hanno colto di bello e che il mio cuore e il mio cervello hanno sintetizzato attraverso le mie dita. Per questo ogni volta che imbraccio l’acustica di Rudy sento qualche nota che il tempo passato insieme a suonare mi ha lasciato in dote e mi sento più in pace. Inoltre sento di dover ringraziare pubblicamente Alberto Lombardi, che è stato il mio primo insegnante di chitarra e che è ormai un amico da quasi trent’anni. Alberto da qualche anno si è dedicato alla chitarra acustica fingerpicking con risultati strabilianti. Credo ormai nello stile sia uno dei più forti in circolazione. D’altronde se ti fa i complimenti un certo Tommy Emmanuel non sei uno dei tanti, giusto?
Si parla di un nuovo album in studio per il Banco ormai imminente… puoi svelarci qualcosa in più su quello che bolle in pentola?
Sarà un album interamente inedito. Sarà un concept album. Sarà progressivo, non nel senso di clichet stilistico, ma nel senso più profondo di libertà di espressione. Un melting pot musicale emozionante. Davvero è il progetto discografico più bello a cui ho mai preso parte da che sono un membro del Banco!
(Per informazioni sul concerto di venerdì 8 giugno: www.killjoy.it)