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Pubblicato il Gennaio 8th, 2018 | by Roberto Paravani

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Yes – Topographic Drama (2017)

Tracklist
CD 1
1. Machine Messiah
2. White Car
3. Does It Really Happen?
4. Into the Lens
5. Run Through the Light
6. Tempus Fugit
7. And You And I
8. Heart of the Sunrise

CD 2
1. The Revealing Science of God
2. Leaves of Green
3. Ritual
4. Roundabout
5. Starship Trooper

Etichetta Rhino/2 CD

Durata 63’47” + 73’01”

Personell
Jon Davison (lead vocals, acoustic guitar, percussion) ● Steve Howe (guitars, backing vocals) ● Billy Sherwood (bass guitar, backing vocals, harmonica) ● Geoff Downes (keyboards) ● Alan White (drums, percussion) ● Jay Schellen (drums, percussion)

Come molti già sapranno, attualmente ci sono in circolazione due band con il nome Yes. Ci sono gli Yes featuring ARW in cui, accanto al talentoso fondatore Jon Anderson, si affiancano il musicista più rock della famiglia (si fa per dire), Trevor Rabin, e quello meno rock, Rick Wakeman, in un tentativo machiavellico quanto claudicante di fondere il repertorio dell’era sinfonica con quello dell’era pop-rock. E poi c’è il gruppo che vediamo qui impegnato nell’ennesimo live relativo ad un tour degli USA di inizio 2017. Questo è il gruppo dei vecchi Steve Howe e Alan White. Alla coppia si aggiungono tre musicisti scelti con criteri poco comprensibili a noi fan: Geoff Downes, onesto operaio delle tastiere e già componente di spicco dell’epoca DRAMA, Billy Sherwood, amico e discepolo del defunto Chris Squire nonché uno dei massimi responsabili del progetto OPEN YOUR EYES (rinominato dai fan CLOSE YOUR EARS) al basso, e un giovane succedaneo di Anderson, Jon Davison, ex Glass Hammer.

I cinque, con l’aggiunta del batterista Jay Schellen – Alan White ha da tempo seri problemi alla schiena e non riesce più a suonare un concerto completo – ripropongono per intero DRAMA, una larga porzione di TALES FROM TOPOGRAPHIC OCEANS e qualche pezzo dell’età dell’oro. Ma anche se sono state evidentemente selezionate le migliori interpretazioni del tour, la performance è globalmente pallida: i cinque si muovono lenti, appannati, senza grinta; il furore dei bei tempi è andato, i giovani innesti non hanno né tecnica né personalità sufficienti a sostenere le complesse partiture. In particolare, la prestazione vocale di Davison è imbarazzante, si ascolti Heart of the Sunrise per credere. E’ ancora Howe il più in palla, il fulcro degli arrangiamenti attuali; ma i suoi suoni semiacustici uniti ad un tocco jazzato assai ovattato lo rendono oggi più vicino a Wes Montgomery che non all’Howe elettrico, sporco, imprevedibile e velocissimo dei ’70.

Oggi, nella sostanza, gli Yes non esistono più. E questo è un live francamente inascoltabile per tutti quelli come il sottoscritto, cresciuti consumando YESSONGS e YESSHOWS. Copertina come al solito a cura di Roger Dean, un genio dell’illustrazione discografica che però ha esaurito l’ispirazione una quarantina d’anni or sono.

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