Pubblicato il Dicembre 28th, 2017 | by DDG
0Beach Fossils – Somersault (2017)
Lato A
1. This Year
2. Tangerine
3. Saint Ivy
4. May 1st
5. Rise
6. Sugar
Lato B
1. Closer Everywhere
2. Social Jetlag
3. Down The Line
4. Be Nothing
5. That’s All For Now
Etichetta Bayonet Records
Durata 34’ 56’’
Dustin Payseur (Vocals, Guitar, Bass, Drum Machine) ● Jack Smith (Bass, Guitar) ● Tommy Davidson (Piano, Harpsichord, Guitar, Bass) ● Featuring Anton Hocheim (Drums), Alex Epton (Drums), Richard Dodd, Daphne Chen, Eric Gorfain (Strings), Josh Plotner (Flute), Jon Catfish Delorme (Pedal Steel Guitar), Michael Harris (Double Bass), Thomas Gardner (Saxophone), Mac Demarco (Drum Machine on “Tangerine”), Rachel Goswell (Backing Vocals on “Tangerine”), Cities Aviv (Vocals on “Rise”)
Al primo ascolto, le melodie rilassate e il suono della voce di Dustin Payseur fanno venire in mente Tame Impala e Rain Parade: pop da camera (o da cameretta, suggeriscono gli echi shoegaze), sognante e nostalgico, vagamente psichedelico-paisley, sviluppato in canzoni da 3 minuti su strutture tradizionali – strofe, ritornelli e cambi – e arrangiato con cura: restano però immediatamente in testa un brano particolarmente centrato, May 1st – e la voglia di risentire il tutto per capire se ci sia altro.
Come per altri autori pop attuali, per scoprire la profondità che c’è dietro la semplicità sono necessari altri ascolti: e allora vengono a galla echi inattesi – le chitarre acustiche e gli archi incrociati alla Lloyd Cole dentro il singolo d’apertura This Year, il pop inglese nell’arco tra Microdisney e Clientele in Tangerine (dove sono ospiti Rachel Goswell degli Slowdive, a conferma delle influenze shoegaze, e l’altro cantautore pop canadese Mac DeMarco), le armonie vocali dei The Coral, e tanto altro di antico (le recensioni americane scomodano Beatles e George Harrison: sicuramente, il jingle-jangle byrdsiano e il cantato morbido richiamano almeno i Church) e moderno (soprattutto negli esperimenti lounge di Rise – con il quasi rap di Cities Aviv – e nel singolo Sugar, con il loop vocale che segna i break tra le sezioni, o nelle composizioni come Closer Everywhere, dove si sente più l’influenza di Kevin Parker – nella versione di autore con Mark Ronson, piuttosto che come Tame Impala).
SOMERSAULT è una evoluzione inattesa per i Beach Fossils: la sigla, fino al disco precedente, era sostanzialmente un progetto solista indie-pop di Dustin Payseur, ma il gruppo che ora firma collettivamente quasi tutta la scaletta – concisa ed efficace – ha migliori capacità di scrittura e arrangiamento, percettibili anche nelle esibizioni dal vivo reperibili in rete. Uno dei più bei dischi pop dell’anno, scintillante e malinconico: vale la pena concedergli almeno due ascolti, per andare oltre la superficie.