Pubblicato il Agosto 23rd, 2016 | by Lorenzo Barbagli
0The Velvet Teen – Elysium (2004)
Tracklist
1. Sartre Ringo
2. Penicillin (It Doesn’t Mean Much)
3. A Captive Audience
4. Chimera Obscurant
5. Poor Celine
6. Forlorn
7. We Were Bound (To Bend the Rules)
8. (Untitled)
Personell
Judah Nagler (vocals, piano, electronics) ● Logan Whitehurst (drums, percussion, vocals) ● Josh Staples (bass, vocals) ● Alex Budman (clarinet) ● Devon Rumrill (synth (4)) ● Adam Theis (trombone) ● Rita Theis (flute and bass flute) ● Dina Macabee, Darcy Rindt (violin and viola) ● Jesse Ivry (cello) ● Marika Hughes (cello (2, 3)) ● Diane Peterson, Sara Anna, Rose Batzdorff (violin) ● Sienna S’Zell (viola) ● Linda Amari (cello (4, 5))
Quando nel 2004 Elysium fu pubblicato, i The Velevet Teen avevano già una carriera ben avviata con alle spalle due EP e un album d’esordio, Out of the Fierce Parade, che li aveva fatti inquadrare dalla critica statunitense come una nuova promessa indie rock con influenze mutuate dai Radiohead e dall’emo. Praticamente un confortevole e sicuro angolo musicale nel quale crescere e magari, con il tempo, avere successo. Nessuno si sarebbe aspettato che con il secondo lavoro questo trio californiano potesse scombinare le carte in tavola ed effettuare un incredibile salto di maturità. Il totale cambio di prospettiva sonora, indirizzato sulla ricerca e la sperimentazione nell’ambito di un baroque pop orchestrale, si poneva sullo stesso piano delle scelte compiute in precedenza da un gruppo come i Talk Talk e, in seguito, anche dai These New Puritans.
Nonostante il mutamento radicale operato dai The Velvet Teen, la materia musicale rimane in ambito pop, anche se difficilmente l’album avrebbe potuto scalare le classifiche. In particolare, la decisione di non utilizzare le chitarre e di affidare il ruolo di strumento protagonista al pianoforte con l’aggiunta dell’orchestra, i cui interventi non risultano mai eccessivi o barocchi, dà origine a degli arrangiamenti delicati, dove ogni traccia è un piccolo mondo in cui perdersi. I refrain di pianoforte e gli archi di Poor Celine e Forlorn hanno qualcosa di irresistibile, eppure sono lontani dal pop inteso nel senso classico del termine. Le canzoni non adottano strutture ortodosse, preferendo collegare tra loro delle progressioni armoniche che si sviluppano in crescendo emotivi. Con queste premesse, Penicillin (It Doesn’t Mean Much) e A Captive Audience annegano la malinconia in un vortice intimistico di sensazioni che penetrano sottopelle, dove la voce espressiva di Judah Nagler, a metà strada tra un crooner di night club e un Jeff Buckley depresso, dà il suo meglio nei dettagli.
Il centro dell’album è occupato dall’epica valanga da 13 minuti di Chimera Obscurant. Un brano che, dopo poche strofe accompagnate da accordi di piano con una ritmica jazz, si trasforma in un logorroico sfogo musicale nel corso del quale Nagler si esibisce senza prendere fiato in una sorta di testo-Weltanschauung che racchiude di tutto: dalla critica al capitalismo e alla religione organizzata, fino alla biologia cellulare, alle cospirazioni governative e alla geometria sacra biblica. C’è da aggiungere che Elysium, pur non essendo un concept, fa comunque i conti con il tema portante della separazione sentimentale, non solo nei confronti di una persona, ma verso ogni tipo di cosa, ma nonostante questa caratteristica non ho mai trovato Elysium un lavoro eccessivamente sdolcinato o che si crogiola nell’autocommiserazione. Quello di Elysium è un mondo calmo, rallentato e notturno, il cui valore difficilmente viene sviscerato al primo ascolto, come le canzoni che vi sono contenute: è un album che cresce e si fa strada poco a poco.
In me l’amore per quest’opera scattò in modo istantaneo, cogliendo immediatamente un fascino singolare nelle sue musiche. E anche per questa affinità personale lo ritengo uno dei miei album preferiti. Giusto per la cronaca: due anni dopo Elysium i The Velvet Teen pubblicarono il terzo album Cum Laude!, ancora una volta cambiando pelle musicale e attitudine, dimostrando coraggio e versatilità.