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Pubblicato il Agosto 22nd, 2016 | by Paolo Carnelli

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Lorenzo Barbagli – Guida al Nuovo Progressive Rock 1990 – 2008 (2009)


Casa editrice Lulu/Libro

Pagine 204

Con questo testo, Barbagli giunge in poco tempo alla sua seconda pubblicazione, dopo il volumetto dedicato a The Lamb (Il percorso del Lamb di Peter Gabriel – Edizioni Segno 2007) e lo fa con la stessa metodologia al tempo stesso scientifica e discorsiva che aveva caratterizzato il suo esordio letterario: i contenuti non sono infatti organizzati in schede alfabetiche, bensì in capitoli che descrivono vere e proprie “scene” musicali, definendole principalmente in base a parametri temporali e geografici. Ecco allora la suddivisione in tre parti (1990/1995, 1996/2001, 2002/2008) e in nazioni (Stati Uniti, Inghilterra, Svezia, Norvegia, Europa etc). Va detto che l’approccio di Barbagli è molto deciso e il suo orientamento in merito a cosa sia più o meno utile ascoltare emerge in maniera molto chiara: via libera dunque a manifestazioni ibride come quelle di Mars Volta, Oceansize, Coheed & Cambria, Dredg, Motorpsycho, Pure Reason Revolution e Tool, magari a discapito di espressioni più ortodosse come quelle provenienti da Flower Kings, IQ, Arena, Pendragon e via dicendo. Introducendo il capitolo intitolato “L’alternative incontra il progressive”, Lorenzo infatti chiarisce che «la parte che segue è senz’altro la più ostica di questo volume, essendo composta per lo più di gruppi che la frangia estremista del progressive rock non si sognerebbe mai di catalogare tali. Simili giudizi sono dettati da una mentalità retrograda che si rifiuta di navigare oltre i mari di mellotron e gli oceani di tastiere». In realtà nel volume trovano ampio e meritato spazio anche formazioni come Echolyn, Anekdoten, Landberk, Discipline, Porcupine Tree, oltre finalmente ai gruppi italiani come Finisterre, Deus Ex Machina, DFA, Moongarden. Sebbene l’approccio da parte dell’autore sia in molti casi severo, non si può mai dire che sia eccessivo o mistificatorio. L’unico cruccio al cospetto di un’opera comunque interessantissima e preziosa, è nell’esiguo spazio dedicato ai suoni provenienti dai paesi più “lontani” come Sud America, Giappone, Australia, a cui sono dedicate solo quattro delle duecento pagine; ma siamo sicuri che Barbagli saprà colmare questa piccola lacuna nelle prossime edizioni.

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