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Pubblicato il Luglio 16th, 2017 | by DDG

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Enzo Carella – “Per sempre”, dice, non è “per ora”



Dì che mi amerai da pazzi, o confusione:
stordendo il nervo il pensiero va in canzone

La passione per Enzo Carella, il padre rimosso di tanto pop italiano moderno (molto più lui che Rino Gaetano, dietro le svagatezze di Dente, Bugo e della nuova generazione romana), è proprio come la descrivevano le parole di Pasquale Panella per Malamore, il singolo memorabile di quarant’anni fa: un amore da pazzi, la confusione, il pensiero che diventa direttamente canzone. E, d’altra parte, la tristezza di vedere che a dispetto di tutta la finezza, l’originalità, la classe, il talento, alla fine delle sue canzoni ce ne ricordavamo in così pochi: e nei giornali il piacere è, nemmeno un rigo che parla di te… La storia, la passione e la discografia sono già state raccontate con calore subito dopo la sua scomparsa: e dato che è difficile costruire un monumento a chi si è già scritto da solo lo sberleffo sulla targa (Cosi ti parlo di qualità, l’aria che serve a tenermi su..), andiamo di Bignami, cercando di evitare di appesantire la formidabile leggerezza di un artista che proprio questo temeva. La mia incoscienza sarà domani la serietà, la mia ventata sarà, fermezza e rigidità… Oggi non è domani, per fortuna.




VOCAZIONE (IT, 1977). Vincenzo Micocci utilizza la IT per lanciare cantautori anomali e spiritosi, come Sergio Caputo e il sopra citato Gaetano: Carella e il suo poeta-paroliere Pasquale Panella gli piacciono da subito, e dato che il già memorabile esordio a 45 giri per la Jeans, Fosse vero aveva ottenuto buoni riscontri radiofonici, li scrittura per un LP di esordio da realizzare con dovizia di mezzi. Il gruppo che suona su VOCAZIONE è quello dei Goblin, e in scaletta tra gli altri pezzi di generi vari e indefinibili c’è Malamore, che dopo 40 anni suona ancora nuova, col riff di basso di Fabio Pignatelli a spingere sotto la voce soffiata di Carella. Testi surreali e timbro vocale anomalo rendono coerente tutto il disco, a dispetto delle influenze disparate che segnano le composizioni e i curatissimi arrangiamenti.




BARBARA E ALTRI CARELLA (IT, 1979). Io t’amo solo perché t’amo, un’altra non la so…ma sei di mandorla se t’apri, ed amarti è amaro un po’. Il ritornello di Amara, secondo singolo estratto da questo LP, riassume bene la poetica di Carella: canzoni pop apparentemente leggere, piene di complessità nascoste, con testi che solo dopo qualche lettura rivelano sensi profondi e spesso doppi, come in quella Barbara che gli vale il secondo posto in un Sanremo oggi dimenticato, e che probabilmente ha dentro molto più sesso di quanto abbia valutato la commissione selezionatrice. Suonano sempre i Goblin, e negli arrangiamenti, oltre al Brasile e alla disco, si sentono pure echi degli Steely Dan, tanto per dire dell’ecletticità.




SFINGE (RCA, 1981). E sì, si può, come un viaggio amarsi un po’… Col singolo successivo, Sì, si può, la sfida è a Lucio Battisti, citato nelle parole appena riportate, ma anche nello stile: produce Elio D’Anna (Osanna, Città Frontale…), e anche senza singoli killer SFINGE diventa il maggior successo commerciale di Carella. Il disco surclassa il coevo UNA GIORNATA UGGIOSA, con Sex show  che anticipa tempi e suoni di IGY di Donald Fagen, e la più eterea Mare sopra e sotto che mostra i possibili sviluppi futuri, sempre con la cifra di arrangiamenti e testi curatissimi e apparentemente leggeri, melodie memorabili e voce soffiata. In questa fase, Carella ha delle risonanze chiare con Battisti, ed è guardato con interesse dal genio reatino: questi riconosce nella sua ricerca su suoni e parole tanti elementi originali (Come mi stai a pelle, come mi stai a cuore…),  che assorbirà anche materialmente negli anni a venire. Abbandonato Mogol, Battisti strappa Panella a Carella, reclutandolo prima per un progetto di pop anomalo (il notevole AH! ERA  ORA di Adriano Pappalardo, 1983), e poi per sviluppare i testi degli stupendi dischi del “nuovo corso”, che si aprirà con DON GIOVANNI (1986). Il rapporto sarà praticamente esclusivo: fino al 1990 Panella lavorerà solo su rarissime canzoni per altri, come la hit Vattene amore di Amedeo Minghi. Carella, semplicemente, scompare. Vieni nelle tenebre con me a vedere come cala il sole…




CARELLA DE CARELLIS (IT – Micocci Dischitalia Editori, 1992). Le parole fanno un giro, è tutto un modo di disdire: il ritorno di Carella, ormai dimenticato dai più (Tu ti sei scordata del guaglione, del monello intrepido, del tuo core mio…) è inatteso, e il formato è bizzarro: un CD con dentro cinque vecchi singoli e cinque canzoni nuove, sempre firmate con Panella. Le nuove composizioni, a loro modo, marcano il territorio rispetto alla ricerca che Carella aveva avviato prima di Battisti: Aspetta e S.p.A.  ha il fuoco d’artificio dei giochi di parole della Equivoci amici di DON GIOVANNI, ma laddove Battisti suona elettronico e volutamente spaesato, per Carella questi territori sono familiari e naturali, e la canzone è leggera e appiccicosa, come le altre in scaletta. Lo stratagemma del “best of” accoppiato alle novità non scala le classifiche, ma convince almeno Micocci a ricomporre il duo per un nuovo disco.




SE NON CANTASSI SAREI NESSUNO (IT – Micocci Dischitalia Editori, 1995). Panella ritorna a tempo pieno: my baby is back! Io stavo appeso al pensiero che torno illeso: cosa ho visto e tastato lontano da te, quanto mare banale sapessi che c’è… Beh il mare è ovvio, sicuro di se, sulla lingua non ha tanti peli, e lo fa per passione o per verità, ti ruba gli amici… beh, il mare è così. Chiuso con HEGEL (1994) il rapporto con Battisti, l’ormai famosissimo Panella torna a poter scrivere un intero album con Carella, la migliore voce possibile per le sue poesie. L’Odissea di Carella e Panella (sottotitolo dell’opera) è una sorta di concept album sul viaggio con l’usuale mix di generi, leggerezze complesse e arrangiamenti ragionati. Purtroppo, non bastano il pop radiofonico di La miseria o il funky di Cara al cuore a scalare le classifiche: e ci vorranno quasi 10 anni a convincere la BMG a recuperare il duo nella collana “I grandi successi originali”. Data l’assenza di ristampe, ENZO CARELLA (BMG, 2004) rappresenta l’unica opportunità di recuperare a un prezzo ragionevole almeno una buona metà delle canzoni edite fino agli anni ’90.




AHOH YÉ NANÀ (BMG, 2007). È questo il tempo – non so di che. A dodici anni dal predecessore, quando le condizioni lo consentono, i perfezionisti Carella & Panella tornano a pubblicare. L’attesa è valsa la pena, l’ironia e le melodie sono sempre brillanti, su basi di un pop più solare (Tramonto, Estrella misteriosa): nel simil reggae di Una canzone su di me c’è tutta la storia del duo: Baci e rime, quasi malinconia… con un verso ti dico amore mio, e con un altro verso addio. Anche stavolta sembra esserci tutto: la major che pubblica, il repertorio, il suono. L’introduzione al CD parla appropriatamente di canzoni che scoprono una bellissima coscia musicale, che mostrano la lingua e fanno il verso, canzoni dell’altro mondo ma, chissà come, capitate in questo. E però, nell’era dell’inflazione produttiva, anche queste canzoni senza tempo passano inosservate: “per sempre”, dice, non è “per ora”. Dopo verrà il silenzio, fino alla scomparsa del febbraio 2017 (…l’aldilà è un ponte sulle lavandaie, odor di sapone e di santità…): quello che resta è un lascito artistico notevole, che speriamo venga presto recuperato adeguatamente.

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