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Pubblicato il Maggio 26th, 2017 | by Massimo Forni

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PREMIATA FORNERIA MARCONI – L’isola di niente (1974)

Tracklist

Lato A
1. L’isola di niente
2. Is My Face on Straight

Lato B
1. La luna nuova
2. Dolcissima Maria
3. Via Lumière


Personell
Mauro Pagani – flauto, ottavino, violino e voce ● Flavio Premoli – pianoforte, organo Hammond, mellotron, moog e voce ● Franco Mussida – chitarre e voce ● Patrick Djivas – basso e voce ● Franz Di Cioccio – batteria e percussioni


Alla fine del 1973, la PFM sostituisce Giorgio Piazza con Jan Patrick Djivas, già bassista degli Area. La nuova formazione registra a Londra L’ISOLA DI NIENTE che diventerà THE WORLD BECAME THE WORLD per il mercato internazionale, con testi in inglese a cura di Pete Sinfield…

Il titolo non deve trarre in inganno: con questo album del ’74, registrato presso gli Advision Studios di Londra dal novembre 1973 fino al febbraio 1974 (con la sola eccezione del brano Via Lumiere ed alcune sovrapposizioni strumentali e vocali, effettuate presso lo studio Fonorama di Milano nel mese di gennaio dello stesso anno), la PFM approda sui lidi della piena maturità artistica. Ed è il primo disco realizzato in contemporanea anche per il mercato estero (THE WORLD BECAME THE WORLD). Rispetto ai pur ottimi precedenti, si rivela più complesso e sofisticato: una originale miscela di rock, folk melodico, ispirazioni classicheggianti e venature jazz. Le forme musicali elaborate, ricche di sfumature, il mirabile dosaggio dei timbri, la limpidezza delle tessiture melodiche e la solidità ritmica ci consegnano un’opera memorabile. La sostituzione di Giorgio Piazza col bassista Patrick Djivas (ex Area), dotato di una formidabile tecnica, migliora sensibilmente non solo la sezione ritmica, ma anche la capacità espressiva ed “esplorativa” della band, grazie al suo tocco così personale e non meramente ritmico, e per la sua spiccata propensione solistica ed improvvisativa.

Gli chiesi a bruciapelo: “Vuoi venire nella PFM”? Non ci volle molto per convincerlo, perché Patrick era attratto dalla proiezione internazionale che la band garantiva… — Franz Di Cioccio

Ed infatti, con questa nuova formazione (Mussida-Premoli-Di Cioccio-Pagani-Djivas) inizia anche l’avventura americana del gruppo. Resta il problema (ancora per poco) dell’assenza di un cantante solista di ruolo, con le voci che risultano talvolta un po’ ovattate. La critica appare però divisa: i più sottolineano la felice evoluzione musicale della band; qualcun altro (Paolo Ricci sul mensile Muzak) parla incredibilmente di “un surrogato di esperienze già morte e sepolte, di suoni che si sono esauriti nel breve giro di una stagione fin troppo lunga (…), di freddi musicisti-macchina che emettono suoni di niente. Sì, L’ISOLA DI NIENTE, il meraviglioso e superveloce niente della PFM, l’estetismo fine a se stesso, tipico dei dischi passati, con in più tante presunzioni: estetismo pieno di kitsch, di occhi chiusi e gruppo che suona bene del rock scadente”. Daniele Caroli su Qui Giovani lo ritiene “banale, mistificante, freddo e datato”. In alcuni casi si tratta di atteggiamenti deliranti: lo stesso Mauro Pagani riferisce di un giornalista che, pentito di aver parlato troppo bene del disco del Banco, si era sfogato criticando aspramente quello della PFM. Di ben altro tenore sono le recensioni della stampa inglese in occasione della tournée oltremanica (Musical Express): “In un momento in cui le rock band stanno dimenticando la melodia, concentrandosi su una musica e arrangiamenti spesso freddi e clinici, nella musica della PFM c’è feeling, cuore ed entusiasmo”.

Il progressive è fondamentalmente una miscellanea di tre elementi: la forma canzone, il mondo dell’improvvisazione di ispirazione jazzistica e la composizione di stampo classico. Questo cocktail viene interpretato in modo differente da ciascun popolo: in Inghilterra, ad esempio, hanno prevalso le matrici celtiche, il rock, il blues, le influenze americane e così via. In Italia dobbiamo invece fare i conti con la nostra tradizione classica: il melodramma, Respighi, Puccini, Mascagni, ma anche tutti i grandi autori classici contemporanei. E’ in questo patrimonio che, secondo me, si nasconde la specificità del progressive italiano… — FRANCO MUSSIDA

Addentriamoci nei cinque brani, a cominciare dalla lunga “title-track”: suggestivi corali classicheggianti conferiscono solennità alla parte iniziale. Lo sviluppo del pezzo, dal notevole amalgama sonoro, alterna rapidamente momenti contrassegnati da una sferzata di energia, con fraseggi serrati e una ritmica possente, ad intermezzi fantasiosi e onirici. I frequenti cambi di ritmo, che inseriscono episodi di diversa caratterizzazione musicale, suggellano l’efficace assimilazione del nuovo “credo” anglosassone da parte degli artisti. Una sensazione quasi disperata riecheggia nei versi di Pagani: “…triste camminare, inutili perché…”, quasi un sentirsi soffocato da verità irraggiungibili e incomprensibili. Il testo inglese del secondo brano, Is my face on straight è invece opera di Pete Sinfield, il paroliere dei King Crimson. Il pezzo si distende dapprima in modo tranquillo, per poi assumere un andamento gioioso, sostenuto dai vivaci e incisivi interventi di flauto. Nell’alternanza dei diversi momenti, contrassegnati da una grande libertà espressiva, si fa strada una linea melodica piena di forza suggestiva. La luna nuova è un’emozionante danza folclorica dalle mille sfaccettature, una composizione estremamente dinamica, dai ritmi incalzanti e dalle coloriture popolareggianti, che confermano la particolare attenzione dei nostri musicisti anche per ispirazioni di marca popolare. I passaggi fantasiosi del violino e del flauto, le suggestive divagazioni tastieristiche e gli stacchi improvvisi, danno vita ad un incessante fluire di suoni, un autentico vortice musicale. Un rasserenante arpeggio chitarristico accompagna Dolcissima Maria, un’elegante e romantica ballata, che rivela, per le atmosfere intimiste, una maggiore propensione verso lo stile “italico”. La sua melodia cristallina brilla di luminosa semplicità: un delicato e disteso lirismo, che si stempera gradualmente nella strumentale coda finale. L’opera si chiude con Via Lumiere, un brano strumentale dalla scrittura complessa, di estrema densità, ove il virtuosismo raggiunge apici vertiginosi. Quando i solisti tacciono, le sonorità “orchestrali” della tastiera irrompono in tutta la loro maestosità. Anche in questa composizione, caratterizzata da una vasta gamma di ispirazioni, un inizio lento cede il passo a uno sviluppo concitato, con alternanza di situazioni di frenesia motoria (con echi “crimsoniani”) e passaggi riflessivi. In sintesi, possiamo parlare di un grandissimo lavoro, caratterizzato da uno sfolgorante e spettacolare crogiolo di suoni, con momenti di dirompente esplosione di energia sonora. La Premiata, dotata di elevata qualità tecnica, pur utilizzando un linguaggio rock di tipo inglese e americano (differenziandosi dalle Orme e dal Banco, che attingono maggiormente a modelli classici), si conferma gruppo prismatico, dai molteplici aspetti, con modelli mutevoli a seconda dei diversi periodi della sua carriera artistica. Una band marcatamente rock, ma con pagine di profonda complessità e squisita fattura, che si allontanano dai canoni tipici del rock: il risultato è un’espressione artistica articolata e profonda ed un lavoro di ricerca coraggioso.

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