Pubblicato il Novembre 22nd, 2016 | by Claudia Porceddu
2ESP – London, The Venue, 11/11/2016
Venerdì 11 novembre 2016, ci troviamo nel locale “229 The Venue”, nel cuore pulsante di Londra. Il locale è piccolo ma accogliente, con luci tenui e soffuse che alimentano un’aria di intimità. L’evento di questa sera è il lancio dell’album di debutto degli ESP, The Invisible Din…
I will not become lost
I will follow the river like a lens
as it bends
all along to the sea
Follow me
I am free
I am free
ESP non è solamente una band: è un concept che unisce tonalità ardentemente progressive a elementi di rock sinfonico. La forza motrice alla base di questo progetto è il compositore e polistrumentista Tony Lowe, da sempre presenza importantissima nella scena musicale prog rock britannica. Nel 2015 Tony Lowe intraprende una collaborazione con il batterista Mark Brzezicki (Big Country, Fish, Procol Harum, Arthur Brown): da questa unione feconda nasce The Invisible Din, debut album degli ESP realizzato con la collaborazione di un numero pressoché incredibile di artisti dal calibro internazionale: David Cross (King Crimson), David Jackson (Van der Graaf Generator), Phil Spalding (Steve Hackett, Mike Oldfield), Steve Gee (Landmarq), John Young (Lifesigns), Pat Orchard, Alison Fleming e John Beagley, e con la partecipazione di Yumi Hara (Daevid Allen, Hugh Hopper).
A pochi minuti dall’inizio del concerto la sala è già gremita dai fans che accolgono l’ingresso della band sul palco con un calorosissimo applauso. L’eccitazione nell’aria è palpabile. L’aspettativa è alle stelle. Il primo brano in scaletta è Overture, con cui si apre anche l’album: è l’inizio di un incantesimo. Gli effetti di luce e il palco minimalista lasciano che sia la musica la sola protagonista della serata. I frequenti cambi di ritmo e le tonalità melodiche trasportano lo spettatore verso un viaggio onirico. Il gruppo (di cui fa parte anche il tastierista Mickey Simmonds) segue la lista dei brani nello stesso ordine riportato sull’album, ed è questo, a mio avviso, il modo migliore per gustare quest’esperienza sonora a 360°. Quando la band ripropone Invisible Din, la chiave di lettura dell’omonimo album, il pubblico è mesmerizzato; l’inserimento del violino elettrico di David Cross lascia gli spettatori pienamente estasiati e appagati. La performance è assolutamente esemplare, senza la minima imperfezione: mani esperte si muovono all’unisono come guidate dalla direzione ispirata di Lowe; d’altronde con un tale cocktail di artisti dall’esperienza pluridecennale il risultato non poteva che essere ineccepibile. Il debutto degli ESP ha tutte le carte in regola per diventare un must per tutti gli amanti del progressive rock. (Foto Federico Floresta)
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