Pubblicato il Settembre 15th, 2016 | by Antonio De Sarno
0BIGELF: it’s not over yet
Nati agli inizi degli anni ’90, i Bigelf sono oggi più che mai la creatura di Damon Fox. Cantante e tastierista di Los Angeles, Fox è riuscito a fondere insieme nella sua musica e nella sua figura stili apparentemente inconciliabili come il doom, la psichedelia e il progressive rock: Ozzy Osbourne e Keith Emerson, passando per i Van der Graaf Generator e Arthur Brown. Abbiamo incontrato Damon prima del concerto dei Bigelf al Legend Club di Milano dello scorso 4 novembre, con Mike Portnoy alla batteria: una lunga chiacchierata in cui il cammino della band si rivela il frutto di una complessa e imprevista serie di svolte improvvise, la cui fine non è ancora dietro l’angolo… More info: www.bigelf.com
E’ complicato suonare le tastiere e cantare contemporaneamente?
Con questo tipo di setup? Sto ancora cercando di capire come fare, non è facile. Sicuramente sarebbe più semplice limitarsi a cantare o a suonare le tastiere. Di solito nel progressive rock il tastierista si circonda di tastiere e si concentra sulla stratificazione sonora. Se invece c’è un pianista / cantante, si limita a cantare stando seduto davanti al pianoforte. Con i Bigelf è un po’ una via di mezzo, non sto semplicemente seduto al piano, ma sto in piedi, come se fossi il frontman del gruppo con le tastiere alla mia destra e alla mia sinistra. E’ un po’ un mix tra Keith Emerson e Ozzy Osbourne, davvero un bell’impegno!
Hai sempre adottato questo tipo di configurazione dal vivo?
Assolutamente. Diciamo che all’inizio le mie tastiere erano disposte a “L”, e avevo l’organo davanti a me, ma a un certo punto ho deciso che non volevo avere niente davanti e così l’ho spostato da una parte. C’è voluto un po’ di tempo per abituarmi a suonare “aperto” in questo modo.
Da dove viene il nome del gruppo?
All’inizio, e parlo all’incirca del 1989, cercavamo di fare qualcosa che fosse un po’ distante dai trend del momento, il grunge e quello che rimaneva dell’hair o dello street metal, volevamo suonare in maniera più organica e più vintage, non c’era niente di simile in circolazione. La mia prima idea fu quella di un nome composto da un ossimoro, un po’ come Iron Butterfly, e al tempo stesso essendo fissato con Dungeons and Dragons mi piaceva la parola “Elf”. Poi qualcuno mi ha detto che Elf era il nome della band di Ronnie James Dio prima che entrasse nei Black Sabbath: non lo sapevo! E’ stato il nostro primo bassista, Richard Anton a inventarsi il nome Bigelf.
Come descriveresti la musica dei Bigelf? Negli anni vi sono state affibbiate parecchie etichette diverse, dal progresive rock allo stoner rock…
E’ una domanda complessa! Diciamo che i Bigelf sono un po’ una band universale, abbiamo sempre flirtato con tanti generi differenti. A grandi linee è un mix tra In The Court of The Crimson King, Wish You were Here e Masters of Reality. Il nostro sound è un ibrido composto dal pop psichedelico che incorpora parecchi elementi anni ’60 e un po’ di pop inglese, in stile Badfinger… roba del genere. Per quanto riguarda lo stoner, non ho mai considerato la nostra musica stoner, si tratta piuttosto di qualcosa di più malvagio. Lo stoner rock per me ha in sè una matrice garage, mentre i Black Sabbath e i Deep Purple non sono per niente garage. Piuttosto parlerei di elementi doom, un po’ come gli Uriah Heep, i Black Sabbath, e poi ovviamente di elementi progressive, anche se nei Bigelf c’è spazio solo per la prima ondata prog. Non ho mai detto che siamo un gruppo assolutamente originale, ma penso piuttosto che sia innovativo il modo in cui abbiamo messo insieme questi diversi elementi
Hai mai ascoltato una band che si chiama The Ghost of a Sabre Toothed Tiger?
Certamente! In questo momento è una delle mie band preferite!
Sono molto simili ai Bigelf!
Assolutamente, li ho fatti ascoltare a mia madre e mi ha detto “Cos’è questa roba? Vi stanno rubando le canzoni?”. Il nostro bassista, Duffy Snowhill, li ha visti dal vivo e io ho cercato di contattarli per fare dei concerti insieme, dato che suoniamo praticamente le stesse cose! Tornando al discorso sul prog, non è che io sia proprio un super fan del prog… voglio dire, le cose che mi piacciono sono i Van der Graaf Generator, i primi King Crimson, la roba più libera. Adoro anche i primi gruppi prog italiani, come il Balletto di Bronzo! Mi piaceva quando il prog aveva ancora quella componente rock che a un certo punto è stata un po’ messa da parte… ad esempio mi piacciono gli Yes ma non mi fanno impazzire. Apprezzo molto di più i Gentle Giant perché le cose più elaborate sono barocche e rinascimentali, ma quando sono rock, sono veramente heavy rock. I Genesis e i Rush invece non mi sono mai piaciuti.
Una delle caratteristiche del progressive rock è il concept album: c’è un concept anche in Into The Maelstrom?
A livello di liriche c’è questo elemento un po’ vago della macchina del tempo che mi era venuto in mente quando avevo vent’anni e avevo composto un pezzo intitolatoIncredible Time Machine. Il brano è rimasto inutilizzato per anni ma ero sicuro che un giorno sarebbe diventato il pezzo di apertura di un album. In più avevo un brano di chiusura, intitolato Into The Maelstrom, sempre con le iniziali “ITM” e la stessa idea della macchina del tempo. Sapevo che quell’album sarebbe diventato un giorno Into The Maelstrom, un viaggio dal passato al presente nel quale il protagonista affronta le paure e il dolore che ha cercato di dimenticare. La fase di scrittura è durata parecchio tempo, in pratica fino al 2011 non era stato ancora registrato nulla a parte dei demo che avevamo realizzato per Mike Portnoy. Il nostro album precedente,Cheat The Gallows, era caratterizzato da questa visione distorta e un po’ vaudeville di un circo psicotico, mentre questo è orientato in un ambito sci-fi e apocalittico. Il maelstrom in pratica è una specie di vortice, e guardandoci dentro, l’obiettivo è di uscirne rafforzati. Come ti dicevo le parti di batteria sono state registrate molto prima degli altri strumenti ma a un certo punto è andato tutto a monte: Alain Johannes, che poi ha mixato il disco (Alain ha collaborato tra gli altri con i Queens of The Stone Age), inizialmente avrebbe dovuto produrre l’album e io avrei dovuto rimanere un po’ più in disparte, ma evidentemente non era il momento giusto e ci siamo limitati a registrare la batteria. Onestamente fino a quel momento avevamo sempre registrato tutti insieme e non mi era mai capitato di incidere un pezzettino alla volta, demotape a parte: anche se è finito per essere un lavoro molto complesso, Cheat the Gallows è stato inciso in un paio di take.
Quanto è stato difficile realizzare il seguito di Cheat The Gallows?
C’era molta pressione per questo disco, la vita a volte gira diversamente e magari non è possibile condividere una parte del viaggio. Ci tengo a dire che sono legato a tutte le line up della band, per me i musicisti che hanno suonato nei Bigelf sono tutti come fratelli. In questo caso l’idea era quella di rimettere in pista la band e produrre un album di qualità, non c’erano questioni di egocentrismo da parte mia. Non ho fatto niente in modo convenzionale, ma in maniera completamente istintiva, come ad esempio registrare le parti vocali alle tre di mattina. A volte il risultato non era perfetto ma ho deciso di tenere ugualmente i take perché non suonavano forzati. Per quanto riguarda le parti di basso, eravamo in studio con i tecnici per fare le parti di chitarra e aspettavamo che Duffy arrivasse, come è accaduto quasi sempre, ma a volte avevamo bisogno di un basso all’istante. Così mi sono messo a registrare una traccia di basso ed ero così fuori di testa che è venuto fuori qualcosa di interessante. Ci sono dei momenti nel disco veramente epici. La parte finale in origine era solo una cosa che stavo suonando per conto mio e poi ecco che entrano le parti vocali… e il risultato è 100% Bigelf, anche se sono stato io a sovraincidere le tracce una dopo l’altra cercando di mantenere intatto il feeling che si era creato.
Mike Portnoy continuerà a suonare con voi?
Non è da escludere, anche se la nostra collaborazione potrebbe aver fatto il suo corso. Sicuramente Mike è un grandissimo batterista… vedremo. Quello che mi interessa realmente è rimettere in pista i Bigelf come una vera e propria band, non come il side project di qualcun altro. Questa è la mia priorità, a meno che Mike non entra a far parte stabilmente del gruppo per un anno o due, dando il suo apporto a tutti gli effetti… anche stasera, che è uno dei nove concerti che suoneremo insieme, è molto probabile che sarà una delle ultime volte. Mio figlio si sta dando da fare con la batteria e prenderà il posto di Mike quando lui sarà andato via.
Parliamo un po’ dei tuoi trascorsi nel mondo del pop…
Nel 2007 abbiamo preso parte alla compilation Instant Karma, per il Darfur, in cui ogni artista risuonava un brano di John Lennon. Cristina Aguilera doveva fare Mother, e io avevo suonato il pianoforte su un pezzo di Cristina, intitolato Beautiful, che era stato scritto dalla mia amica Linda Perry (delle 4NonBlondes – ndr). E’ stata Linda a mettere sotto contratto i Bigelf per la Custard Records, con cui è stato pubblicato Cheat the Gallows. Quando c’era da fare il progetto per il Darfur è avvenuta questa specie di triangolazione e Linda mi ha subito chiamato. Oltre che con Cristina ho suonato anche su una versione di Woman che è stata pubblicata come bonus track esclusivamente nella release su iTunes. Linda è una grande amica e ho preso parte a parecchi progetti insieme a lei, ad esempio l’ultimo disco di Alicia Keys, poi Courtney Love… la cosa bella di Linda è che mi lascia libero di esprimermi. Riesce sempre a trovare il modo per far funzionare anche le cose più strane, del resto è famosa per questo suo modo di lavorare alternativo e pieno di energia: io arrivo e faccio un macello ma sembra che poi il risultato finale sia buono.
Non ti è sembrato strano il fatto di aver dovuto suonare il pianoforte in un album di Alicia Keys che è una pianista?
Sono abituato a questo genere di cose. Alicia suona principalmente il Fender Rhodes e io invece l’organo e il mellotron, anche se mentre sto registrando penso sempre che le mie parti non saranno inserite nella versione finale. Invece poi sono lì! Non è come suonare con i Bigelf ma sono sempre io che faccio le mia cose ed è divertente.
Come avete fatto a incontrarvi, tu e Linda Perry?
Un giorno Linda è entrata in un negozio di strumenti musicali in cui lavoravo e non l’ho assolutamente riconosciuta. Voleva acquistare un sintetizzatore con un sacco di manopole e mi è sembrata molto dentro al mondo della musica. Siamo diventati amici e a un certo punto mi ha telefonato e mi ha detto “vuoi registrare con Pink?” e da allora abbiamo fatto tante altre cose insieme. Cheat The Gallows è stato registrato nel suo studio e non appena ha ascoltato un cd dei Bigelf è diventata una nostra grande fan. Avrebbe dovuto pubblicare anche Hex, ma non è stato possibile.
Nel primo album dei Bigelf, Money Machine, c’è un pezzo in cui canti: “Gli anni passano e nessuno capisce come ti senti, e sai che i maiali delle case discografiche non ti faranno entrare nella macchina che produce soldi”. E’ un po’ quello che pensano tanti artisti che si sentono trascurati dall’industria discografica e si è rivelata anche un’affermazione profetica per i Bigelf…
E’ una partita a scacchi avvelenata. A quei tempi passammo un brutto momento come band ma io sono un lottatore, non perdo mai la speranza. Cerco di essere sempre positivo, ma è indubbio che nel mondo della musica ci sono anche molte ombre. Se riascolto Money Machine mi sembra di sentire un sacco di cose interessanti che non suonano affatto datate. Registrammo l’album all’epoca del Progfest, nel 1997, ma dovemmo attendere tre anni prima di riuscire a pubblicarlo. Ci dicevano che non eravamo abbastanza “prog”, e io gli rispondevo che eravamo più prog noi di tanti altri gruppi più in vista… forse eravamo solo meno alla moda.
Eri in contatto con altri gruppi, come ad esempio gli Echolyn, all’epoca?
Naturalmente! Hanno fatto delle buone cose, ma hanno anche perso un sacco di soldi! Il prog è un genere complesso, ma ora è di nuovo di tendenza, quindi spero che i Bigelf possano in qualche modo salire sulla cresta dell’onda e avere un po’ di successo. Quando abbiamo iniziato, eravamo trent’anni in ritardo rispetto a David Bowie e agli ELO e dieci anni avanti rispetto a tutta la mondezza stoner/psych o come preferisci chiamarla! Ora il vento ha ripreso a soffiare: datemi le chiavi e fatemi entrare nel club! Abbiamo avuto una buona visibilità suonando con i Dream Theater e con i Porcupine Tree, siamo entrati in contatto con il pubblico prog ed era un’occasione che non potevamo rifiutare anche se non credo che Bigelf e Dream Theater abbiano molto in comune. Ma se Mike Portony ti chiama e ti chiede se vuoi andare in tour con loro, non puoi rifiutare. Del resto nel corso della nostra carriera abbiamo aperto per ELO, Deep Purple, Thin Lizzy… ma che importa? Non deve per forza esserci un solo genere musicale nella stessa serata. In ogni caso, sono sicuro che con il nostro prossimo album ci sdoganeremo dal prog perché è il momento giusto
Quando arriverà?
Molto presto. Capisco che è difficile convincere il pubblico che non passeranno altri sei anni come è accaduto dopo Cheat The Gallows, però voglio ricordare che anche seCheat The Gallows è stato pubblicato nell’agosto del 2008, fino al 2009 non si era mosso niente e solo nel 2010 abbiamo avuto dei riscontri in Giappone. Quindi già erano passati tre anni e nello stesso tempo il gruppo era imploso. Tutti pensano che me ne sono stato con le mani in mano per un sacco di tempo ma ci sono voluti due anni solo per mettere a punto la collaborazione con Mike e con la Inside Out, che tra l’altro finora ha fatto un ottimo lavoro. L’etichetta di Linda, la Custard, avrebbe potuto farci suonare con Roger Waters, negli stadi, ma con la Inside Out abbiamo il vantaggio di non dover dare per forza via un sacco di copie. Vedremo cosa accadrà. Tornando alla tua domanda originaria, la Macchina dei Soldi ormai ha preso il sopravvento. Il genere umano non è messo bene. Il modo in cui trattiamo il pianeta, il modo in cui trattiamo gli animali, è una conseguenza di quello che siamo. Ci sono due tipologie di persone: quelle che dicono, ehi, questa è la mia vita e non me ne frega niente del resto, e quelle che dicono che dobbiamo pensare al futuro dell’umanità. La rovina dell’uomo sarà l’uomo stesso, perché siamo noi i nostri più grandi nemici. Lo siamo sempre stati. Ci sono delle cose pazzesche in arrivo, mia moglie che mi avvisa di pulire bene i nostri vassoi in aereo per paura dell’Ebola, io che guardo Dawn of The Planet of The Apes (dove un virus distrugge gran parte della popolazione terrestre) sull’aereo e un tizio seduto vicino a me che sta scrivendo sul suo laptop un saggio sulle infezioni virali…
Sembra il film di Terry Gilliam, L’esercito delle 12 scimmie…
Beh, quello ha ispirato la copertina, sai l’orologio? Dovrebbe dare l’idea di una stampa antica…
Tornando all’ultimo album, all’interno del brano intitolato Mr Harry McQuhae c’è una citazione di The Bitter End da The Money Machine… come mai?
Andrew Harold McQuhae Butler Jones, o Andy Jones, era il precedente chitarrista dei Bigelf che nel 2001 entrò in coma diabetico e non riuscì più a uscirne. Morì nove anni dopo. The Bitter End era uno dei suoi pezzi su The Money Machine e quando stavamo registrando Henry McQuhae lui probabilmente era lì con noi, era il mio migliore amico e questo è uno dei traumi con cui devo convivere, anche quando siamo in tour… abbiamo questi demoni, questi traumi… abbiamo avuto il nostro secondo album, Hex, in classifica in Svezia e proprio in quel momento la Warner ha deciso di non rinnovarci il contratto… Scopri quello che vali quando sei a terra.
Passando a cose più leggere, oltre a Mike Portnoy in questo tour con voi c’è anche John Wesley alla chitarra: praticamente state diventando una specie di supergruppo…
John è una delle migliori persone che ho conosciuto negli ultimi tempi, siamo diventati veramente ottimi amici. E’ un tipo eccezionale
E quindi, per concludere, cosa sono i Bigelf?
Bigelf è qualcosa di molto reale. Siamo piaciuti perfino ai fan di Zappa, quando eravamo in tour con Dweezil Zappa, e ti assicuro che sono tra i più tosti da conquistare. Non è solo una questione delle note che suoni, è importante anche la passione con cui suoni. Un ragazzo che non ci aveva mai visti dal vivo ci ha detto che il nostro spettacolo è stato molto intenso e per niente noioso. Ho cercato di prende come riferimento i Doors e rendere tutto molto credibile e organico, teatrale senza i raggi laser e tutto il resto. Non sono un grande fan di Rob Zombie ma sono andato ugualmente a vedere uno dei suoi concerti a Londra, ed è stato come vedere “Horror Pink Floyd”, un vero spettacolo. Ha composto cinque belle canzoni nell’arco di sei dischi e sta sempre sulla cresta dell’onda. E soprattutto nessuno gli rompe in continuazione le scatole dicendogli che ha pubblicato pochi dischi…
Ma infatti io non intendevo romperti le scatole…
Tu no, ma un sacco di gente sì. E io gli rispondo di andare a quel paese. La maggior parte delle band che conosco si sarebbero sciolte dopo la perdita del loto chitarrista, e invece noi siamo ripartiti dagli stessi club, abbiamo firmato un contratto discografico e abbiamo avuto un album nella top ten svedese. Era un periodo strano. La gente non si rende conto che i nostri album erano disponibili solo d’importazione negli Stati Uniti. Ora con I-Tunes è completamente diverso.
Pubblicherete i vostri prossimi album in vinile?
Beh, dobbiamo iniziare a pensarci ma secondo me al giorno d’oggi l’attenzione verso il vinile è più dovuta a fattori estetici che alla qualità sonora. Non credo che gli album che vengono registrati attualmente siano adatti al vinile, non vedo l’utilità di una versione in vinile… non riesco a immaginare i Queens of the Stone Age o i Mars Volta in vinile. Oggi i ragazzi che ascoltano musica sono affogati nel loudness, schiacciati da un muro di suono
Un muro bello alto…
Il vinile rappresenta una forma d’espressione completamente differente. Mi piacerebbe vivere ancora in un epoca in cui gli album hanno un lato A che contiene una serie di canzoni con un inizio e una fine, poi giri il disco e “wow”, ecco qualcosa di completamente diverso. Ad esempio, sarebbe bello pubblicare un album con uno dei due lati completamente acustico! Sarebbe qualcosa di totalmente diverso! Con il CD… questa possibilità si è persa. Il vinile c’è ancora, ma la forma d’arte legata al vinile non c’è più. I disegni presenti sull’etichetta, il formato apribile, tutte cose che ti appassionavano… mi ricordo la copertina di Kiss Alive 2: passavo le ore a guardare le facce delle persone tra il pubblico cercando di immaginare cosa stessero pensando. Oggi non c’è più neanche competizione tra le varie band! Al diavolo i gruppi e la musica, si tratta solo di dividersi una piccola fetta di torta! Qualsiasi tipo di progresso tecnologico stesse accadendo, per me quello che importava era solo la musica, la musica e l’ultimo numero di Creem Magazine. Era solo: Angus Young, Highway to Hell, Long Beach Arena, 13 agosto! Non potevi vedere lo spettacolo prima di andare, dove andarci e basta… non potevi registrare niente… c’erano i bootleg, ok, ma nessuno aveva i soldi per comprarli perciò bisognava fare tutto da soli, nascondendo un registratore a cassetta da qualche parte, erano tempi incredibili che ormai sono andati per sempre. Oggi dobbiamo lottare per fare qualche concerto, per chi è a metà strada verso la notorietà è durissima. Se ti chiami Opeth è fantastico, loro ce l’hanno fatta. Se sei dietro, non puoi riuscire a sopravvivere, sei destinato a scomparire. Noi non vogliamo scomparire ma c’è un abisso nel mezzo. Però non è ancora detta l’ultima parola.